Che nome poetico! Da lì erano passati, qualche secolo prima, i messaggeri che annunciavano alla città chissà quale vittoria! E la cosa era rimasta scolpita nel nome di quella strada.
Eravamo al civico 15, portoncino con cornici arrotondate in pietra; balcone su strada, lungo e stretto; persiane verdi.
La casa era vastissima, frutto della aggregazione di più appartamenti e corpi edilizi. Molte stanze e diverse parti della casa erano inesplorate e molto paurose da frequentare. Altre avevano strambe destinazioni d’uso: nella “stanza del telefono” era stato montato solamente il telefono a muro, il primo che avevamo posseduto, numero 4842, senza alcun altro arredo.
Nella “camera buia”, priva di finestre, era conservata la legna e il carbone per la cucina e le stufe. La “camera vuota“ era usata per fare qualche gioco, ma era rigorosamente vuota. La cucina era enorme, c’era una stufa economica a legna, col tubo dei fumi che l’attraversava, ma, nonostante l'ampiezza del locale, l’acquaio era sistemato in un grottino lì a fianco, in basso, e da lì si scendeva ancora, a una profonda, buissima e inesplorata cantina.
Al piano di sopra c’erano stanze disabitate, con qualche mobile polveroso lasciato chissà da chi.
Lì recuperammo 2 enormi piatti di ceramica di Castelli, da parete, che ci hanno poi seguito ovunque.
C’era una scaletta di legno che saliva al sottotetto e lì c’erano le galline che ci davano le uova. La casa era freddissima; d'inverno, nel letto veniva messo un “prete” di legno, una struttura a telaio di legno nella quale veniva sistemato un braciere. Oppure si andava a dormire, abbracciandosi una borsa dell’acqua calda.
Abitammo lì sino al 1960. In quella casa arrivò il primo televisore e vedemmo le Olimpiadi di Roma.
....... prendere quotidianamente il latte, portando la bottiglia vuota e riportandola piena; andare al tabaccaio, alla posta, dal giornalaio.
Gran parte di queste funzioni erano localizzate nella vicina piazza del mercato detta anche piazza duomo o nelle stradine limitrofe. Lì c’era anche una botteguccia che vendeva generi strani: le candele, lo zucchero sfuso, e il famigerato ghiaccio a colonna, il cui trasporto da lì a casa costituiva una tormentosa incombenza estiva che mi era riservata.
..... S.Marciano, dove andavo al catechismo, passando per la sagrestia del severo parroco che però ci dava per merenda meravigliosi formaggini distribuiti dalla POA.
..... S.Marciano, dove andavo al catechismo, passando per la sagrestia del severo parroco che però ci dava per merenda meravigliosi formaggini distribuiti dalla POA.
Lì, vicino alla piazza e alla fontana, c’era uno spaventoso negozietto dove una vecchia sdentata e coperta di fuliggine vendeva carbone e varechina .....
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