4 lug 2009

Immagini piazza Montecitorio - Manifestazione

tra la folla dei terremotati...
....lo sciocco guarda il dito...

vigili del fuoco ....e non solo...


Immagini L'Aquila - 22 maggio

Zona Rossa - corso Federico II


premiata Ditta Concordia


Immagini L'Aquila - 22 maggio

Zona Rossa - corso Federico II


.....Siamo al palazzo. La casa di Nora, lì accanto, è gravemente minacciata dai crolli della casa a fianco.
Le operazioni sono dirette da un ingegnere (donna) dei Vigili del Fuoco; inflessibile e determinata.
Si entra ad un piano per volta: per prima i Vigili (si fanno consegnare le chiavi); dopo, la terna di ingegneri della Protezione civile: milanesi, uno anziano e 2 giovani, con gli strumenti di misura e le carte.
Poi entra il proprietario o il responsabile della attività; deve dire cosa gli occorre prelevare; il direttore del supermercato, i registri contabili; il direttore della banca, soldi e 2 faldoni di documenti; gli altri attendono fuori, lontano dai cornicioni e dietro la transenna......

Immagini L'Aquila - 22 maggio

Porta Napoli



le mura della città espugnata e abbandonata







l'Aquila di Adriano

1954. Dopo essere stati qualche tempo ospiti in casa dei nonni e delle zie, a pochi metri da Porta Napoli, abitammo a Costa Masciarelli; una strada pedonale perché fatta tutta a gradoni che collega, prima in pendenza, poi a precipizio, piazza duomo con porta Bazzano.

La casa affacciava, sul lato opposto alla strada, su un giardino piuttosto ampio, a cui si accedeva da una porticina che era nel bagno, e nel quale mio papà aveva impiantato un orticello di cui consumavamo i prodotti.

Dall’orto, attraverso un cancello si usciva su un’altra strada in forte pendenza, via Fortebraccio: bastava attraversarla, per andare all’asilo delle suore, dove fui mandato per qualche anno, con mio sommo disappunto, nonostante mi trattassero molto bene.
Era la stessa strada che, in salita, facevo per andare alla scuola elementare “De Amicis”, qualche tempo dopo, nel 1956.
Che paura quando, il secondo giorno di scuola, essendo arrivato in ritardo (andavo nei corsi pomeridiani), mi persi in quei lunghi corridoi, senza riuscire a ritrovare la mia aula, dietro a tutte quelle porte tutte uguali e chiuse (e non sapevo ancora leggere le targhette!)….L’incubo, a volte, ancora mi scuote il sonno.
1955. Era nata la mia sorellina; quello fu uno dei più freddi inverni della storia recente dell’Aquila. Nelle strade più strette, e anche a Costa Masciarelli, erano state scavate trincee e gallerie nella neve, per far passare le persone.

Andammo ad abitare in Via delle Bone (“bone”) Novelle. Che nome poetico! Da lì erano passati, qualche secolo prima, i messaggeri che annunciavano alla città chissà quale vittoria! E la cosa era rimasta scolpita nel nome di quella strada.

La casa era vastissima, frutto della aggregazione di più appartamenti e corpi edilizi.
Molte stanze e diverse parti della casa erano inesplorate e molto paurose da frequentare. Altre avevano strambe destinazioni d’uso: nella “stanza del telefono” era stato montato solamente il telefono a muro, il primo che avevamo posseduto, numero 4842, senza alcun altro arredo. Nella “camera buia”, priva di finestre, era conservata la legna e il carbone per la cucina e le stufe. La “camera vuota“ era usata per fare qualche gioco, ma era rigorosamente vuota.

La cucina era vastissima, c’era una stufa economica a legna, col tubo dei fumi che l’attraversava, ma l’acquaio era sistemato in un grottino lì a fianco, in basso, e da lì si scendeva ancora, a una profonda, buissima e inesplorata cantina.
Al piano di sopra c’erano stanze disabitate, con qualche mobile polveroso lasciato chissà da chi. C’era una scaletta di legno che saliva al sottotetto e lì c’erano le galline che ci davano le uova.

La casa era freddissima: ricordo che passavo tutte le sere d’inverno rannicchiato su una sedia per cercare di scaldarmi le gambe. Nel letto veniva messo un “prete” di legno, una struttura a telaio di legno nella quale veniva sistemato un braciere. Oppure si andava a dormire, abbracciandosi una borsa dell’acqua calda.
Abitammo lì sino al 1960. Ricordo che in quella casa arrivò il primo televisore e vedemmo le Olimpiadi di Roma.

Io ero, ahimè, l’”ometto” di casa: questo significava dover fare un sacco di servizi domestici, specialmente acquisti alimentari e commissioni in centro città, dal momento che la mamma era impegnata con la piccola Rosa: prendere quotidianamente il latte, portando la bottiglia vuota e riportandola piena; andare al tabaccaio, alla posta, dal giornalaio.
Gran parte di queste funzioni erano localizzate nella vicina piazza del mercato detta anche piazza duomo o nelle stradine limitrofe.

Lì c’era anche una botteguccia che vendeva generi strani: le candele, lo zucchero sfuso, e il famigerato ghiaccio a colonna, il cui trasporto da lì a casa costituiva una tormentosa incombenza estiva che mi era riservata.

Durante quel periodo, cominciai a gironzolare da solo per le vie della città, fermandomi ogni volta estasiato a guardare chiese, fontane e palazzi: la leggenda cittadina vuole che ce ne siano 99; pertanto ne avevo di scoperte da fare!
S.Marciano, dove andavo al catechismo, passando per la sagrestia del severo parroco che però ci dava per merenda meravigliosi formaggini distribuiti dalla POA (lì, vicino alla piazza, c’era uno spaventoso negozietto dove una vecchia sdentata e coperta di fuliggine vendeva carbone e varechina); S.Giusta, tradizionalmente la chiesa di famiglia: i miei genitori si erano sposati lì e in seguito i miei zii, lì era stata battezzata mia sorella e altri cugini; e poi le Anime Sante, in piazza duomo; s.Bernardino, dove guardavo estasiato una statua di Cristo appesa in alto, a metà della cupola… “va’ a fini’ che casca….”, rimasto nel lessico familiare.

Sul piazzale dinanzi Collemaggio, fui portato a muovere le prime pedalate in bicicletta senza rotelline e, nonostante la sua vastità e mancanza di traffico e di ostacoli di sorta, fui capace di investire gli unici 2 passanti presenti in quel momento, apostrofandoli con un “…levatevi di mezzo!” rimasto anch’esso nel lessico familiare.
Crescendo (ormai andavo alle scuole medie in via Sassa) e nei pomeriggi d’estate, riuscii ad allungare il raggio delle mie esplorazioni, arrivando fino al Castello, e poi alla Fontana delle 99 Cannelle, a S.Domenico e a S.Pietro.
L’inverno, quando nevicava, usavo il “prete” come slitta per scivolare lungo la ripida via delle Bone Novelle.
E durante le feste Natalizie, quella grossa e fredda casa, si popolava di tutti i parenti e gli amici di famiglia, di risate e di allegria.

Poi, i proprietari, cominciarono a riprendersene diverse stanze per volta, riducendo via via gli spazi a nostra disposizione: la cucina fu spostata nella “camera vuota”, l’ingresso divenne unico (perché prima ne avevamo due, con mia grande paura!), la mia stanza da letto fu drasticamente ridimensionata.

In quegli anni costruivano un edificio avveniristico, per il tempo, utilizzando uno spazio di fronte al Grande Albergo, da sempre occupato da un giardino con grandi alberi. Era un palazzone a 5 piani (un grattacielo, per l’epoca) con pilastri e travi in cemento a vista, colorati di azzurro (fatto inusitato!) e rivestimento esterno di mattoni a cortina. L’accesso avveniva da un lato e non sul fronte principale del palazzo, attraverso un camminamento a galleria. Il porticato sottostante era occupato da una stazione di servizio (altro fatto inusitato!); fu montata, sulla facciata principale, una grossa insegna luminosa gialla e blu e , da quel momento, quella costruzione fu, per l’intera città, “il palazzo dell’AGIP”.

Ne occupammo, negli anni ’60 e fino al nostro trasferimento, 2 degli appartamenti: prima uno piccolino al 3° piano e poi uno più ampio, al secondo. Lì ebbi una camera tutta per me, minuscola (visto che si trattava della “stanza della donna”), ma con un bagnetto interno!
Furono gli anni dello sci domenicale, del tennis estivo, del liceo, dei portici e della colonna (la seconda a destra, dopo via Sallustio), delle cotte e delle feste da ballo, degli scout, e delle altre esplorazioni.

E dal palazzo dell’Agip, il 30 di un settembre (l’Equipe 84 furoreggiava da tutti i jukebox con la sua “29 settembre”!) , partii mogio mogio per Perugia: il giorno dopo, 1° ottobre, cominciava un’altra scuola!...

L'Aquila, 22 maggio

Silenzio. Su tutto, grava una coltre opprimente di silenzio. È come guardare un film, avendo tolto l’audio. Perfino le autogru enormi dei Vigili del fuoco, ti passano accanto, apparentemente senza fare rumore. E poi, il vuoto tra quello che resta di case e strade; più vuoto di un pomeriggio di metà agosto. In giro solo Vigili a piedi e macchine di servizio.

I muri delle case sono esplosi, come se centinaia, migliaia di bombole di gas fossero deflagrate. Enormi fragilissime lastre di vetro sono intatte; vasi di fiori sono rimasti sui davanzali; durissimi stipiti di marmo delle porte, giacciono a terra in briciole; serrande metalliche, contorte, appallottolate, come se un gigante fosse stato preso da uno scatto di ira.

L’appuntamento è per le 12, posto di blocco di Porta Napoli.
Sono fortunato: Maurizio deve fare un sopralluogo al palazzo della Standa.
Il sindaco vuole riaprire un percorso protetto, dalla Villa, alla Fontana luminosa.

Poche persone attendono il loro turno per entrare nella zona rossa.
I Vigili che ci sono stati assegnati arrivano puntualissimi; precisione teutonica, sono torinesi: elenco dei componenti autorizzati a entrare, verifica che ciascuno abbia il suo elmetto; controllo-radio dell’appuntamento con i tecnici della Protezione civile che attendono già sul posto di destinazione.
Si parte: uno, due, tre posti di blocco: 2 ragazze della Forestale, 2 finanzieri, 2 alpini.
Tutti discreti, calmi, inflessibili con chiunque non sia autorizzato e accompagnato.

Siamo al palazzo. La casa di Nora, lì accanto, è gravemente minacciata dai crolli della casa a fianco.
Le operazioni sono dirette da un ingegnere (donna) dei Vigili del Fuoco; inflessibile e determinata.
Si entra ad un piano per volta: per prima i Vigili (si fanno consegnare le chiavi); dopo, la terna di ingegneri della Protezione civile: milanesi, uno anziano e 2 giovani, con gli strumenti di misura e le carte.
Poi entra il proprietario o il responsabile della attività; deve dire cosa gli occorre prelevare; il direttore del supermercato, i registri contabili; il direttore della banca, soldi e 2 faldoni di documenti; gli altri attendono fuori, lontano dai cornicioni e dietro la transenna.

Passano solo mezzi di servizio; ogni tanto un pulmino di Vigili, carico di persone dirette alle loro case; si guardano intorno con lo sguardo smarrito. Ogni descrizione che si può aver ascoltato prima, non dà la portata della realtà.

Lascio gli amici ingegneri al loro lavoro; esco a piedi e da solo dalla zona rossa; devo tranquillizzare gli uomini dei posti di blocco, che subito si drizzano e si parano davanti; l’elmetto che tengo in mano, mi garantisce un aspetto da addetto ai lavori.
L’ultimo palazzo prima della Villa è quello dove abitavo.
Lo dico all’alpino del posto di blocco che è proprio lì: “Mannaggia, si dice che lo demoliranno. Vede? Io abitavo lì, al secondo piano e al piano di sotto lavorava mio padre”
“Mannaggia – mi risponde – lì c’era lo studio del mio dentista”

Scendo lungo il viale, che facevo tutto di corsa per andare dai nonni; casa di Francesco, a sinistra, e poi casa di Claudio, la chiesa di CristoRe, casa di Alfonso, casa di Gaetano, casa dei nonni, casa di Alessandra, un cumulo di macerie.

Adesso sono fuori dalla zona rossa.

Parlo al telefono con Renato: sta trasportando l’ennesimo sacco pieno di libri, di vestiti, di vita.
È stanchissimo e non ha un angolo dove riposarsi. Nella tenda, ci sono 50 gradi.
Mi ringrazia e mi rincuora.

Vado verso Collemaggio, imbocco un stradina che mi indica la basilica; so già che è un tentativo inutile e velleitario, ma vado avanti. A un tratto, dall’ombra si staccano 2 alpini; neanche un cenno, solo due passi al centro della via, mastini da guardia.

Via Strinella e poi il Torrione e poi giù giù verso piazza d’Armi: è l’unico percorso rimasto, traffico lentissimo, ingolfato, silenzioso; ai lati, ogni sorta di guazzabuglio, attività provvisorie, macerie, ombrelloni con acqua e panini; arrivo alla spianata: tendopoli, automobili, gente; le funzioni della vita urbana si mescolano con quelle dell’emergenza.

Scendo, verso la stazione.
Crolli e buchi nelle le mura, come quelli di una città medievale presa a cannonate dagli assedianti, e conquistata: dentro non c’è più nessuno.

Vado a ovest, arrivo a S.Vittorino; devo concentrarmi per riconoscere il bivio e la stradina; la casa di caccia è abitata; c’è anche una roulotte parcheggiata sul davanti e, oltre la rete, le ruspe stanno sbancando il prato per fare la bretella che unirà l’aeroporto alla Scuola della Finanza, sede del G8.
L’operaio che mi sbarra la strada mi dice che sarà pronta il 26 giugno; lavorano anche di notte.

Torno in città; ho appuntamento alle 3 con Gianfranco; alle 3 e un minuto squilla il telefono; anche da ragazzo, quando ci davamo un appuntamento, era di una precisione cronometrica, trentina, come sua mamma.

Mi porta a casa, fortunatamente intatta dal terremoto e sfortunatamente allagata dall’inquilino del piano di sopra.
Ma lui è sorridente, incrollabilmente ottimista: “mangiamo 2 biscottini e beviamo la Cocacola, sennò, che vvvoi fà!?? Tocca nutrirsi, mica te pòi abbatte’!”

Dal suo balcone si vedono le gru che stanno smontando, pietra dopo pietra, le cupole i campanili e i palazzi: il castello, s.Bernardino, il Duomo, S.Sivestro.

Mi riaccompagna alla macchina; mi dona il DVD di TV1 (gli dico che ve lo distribuirò), gli lascio i nostri 99 pensieri.

Tra poco tornerà anche lui al mare.

3 lug 2009

caliban wall

http://www.youtube.com/watch?v=vSS70Iv1pSY

basta con l'estemporaneità

De Matteis : L'Aquila, 3 lug

Delocalizzazione dei siti dove saranno realizzate le casette; insufficienza degli alloggi; inadeguatezza del Comune a smaltire le domande dei cittadini; restituzione delle tasse; zona franca. Sono questi gli spinosi argomenti affrontati stamane dal vice presidente del Consiglio regionale d'Abruzzo, Giorgio De Matteis, nel corso di una conferenza stampa all'Emiciclo dal titolo ''Ricostruzione: luci ed ombre''. Ma di luci, tranne l'adeguamento dell'aeroporto di Preturo e di qualche opera infrastrutturale, De Matteis ne ha elencate ben poche. ''Il decreto e' insufficiente - ha esordito De Matteis - Ma c'e'. Dobbiamo rilevare che le casette hanno cambiato sito. Ma non si doveva fare uno studio preventivo di impatto ambientale'? E non era il caso di fare una Conferenza di servizio'?'' L'unica soluzione praticabile per uscire dalle tende, secondo De Matteis, sarebbe stata la realizzazione di casette di legno, cosi' come stanno facendo i paesi dell'hinterland aquilano. ''E non pensino di risolvere il problema con i 2000 posti che si libereranno alla Finanza dopo il G8 - ha ammonito il vicepresidente - Questo e' un fatto gravissimo. Noi vogliamo che i finanzieri restino li', per un fatto di tradizione, storia, opportunita'. Ma non possiamo non pensare alle oltre 55 mila persone che a fine estate non avranno un alloggio dove andare''. Poi, una stoccata al sindaco. ''Il Comune non puo' certo smaltire la mole di richieste che vengono dai cittadini. Cialente deve chiedere a Bertolaso una struttura di supporto e soprattutto il Comune deve decidere e non accettare supinamente scelte che vengono dall'alto''. ''Se la citta' che e' stata pensata per noi e' quella che vediamo a Bazzano - ha commentato ancora De Matteis - beh, allora non la vogliamo! E non vogliamo neanche che si pensi ad alloggi disponibili per gli universitari tra 4-5 anni. Occorrono soluzioni subito. L'emergenza e' ormai finita, ma la ricostruzione quando inizia'?''. Quanto alle tasse da restituire, De Matteis ha definito il provvedimento ''follia indescrivibile''. ''Simili cose - ha spiegato - non succedono neanche in Sudamerica. L'Umbria e le Marche stanno pagando ora, dopo anni, le loro tasse. Non saremo mica gli unici imbecilli a dover restituire tutto a terremoto in corso, ad attivita' ferme, a stipendi incerti'? Non esageriamo con la pazienza degli aquilani!''. Su tasse e zona franca, De Matteis ha fatto appello alla Regione, alla Provincia, al Comune ed ai parlamentari, affinche' vi sia contraddittorio nelle tendopoli quando si affrontano simili argomenti. ''L'estemporaneita' - ha, quindi, ammonito De Matteis - deve finire perche' quelle di oggi sono scelte che segneranno tutta la nostra vita. In Friuli tutto ha funzionato perche' un'apposita commissione regionale ha vigilato sulla ricostruzione. E la commissione era formata da tutti esponenti di minoranza. Non aggiungo altro. Dico solo che vorrei poter dire che mi sto sbagliando e che, invece, tutto va bene''.

un contadino in televisione

http://www.youtube.com/watch?v=dEC5IP_b-X0

intervento su Rai News 24, 23 giugno 2009

casaletto

porta murata
sassi
porta murata


prodotti di Sassos

le prime patate dell'orto......
melograni
fichi d'india
arimelograni
pere......
.... e poi fichi, more, mandorle, melucce e.....olive!!!




Un'immotivata repressione preventiva

di Collettivo San Siro
da Carmilla
Il 10 giugno scorso, intorno alle quattro del pomeriggio, sono venuti a prendere sei compagni milanesi. Alcuni erano al lavoro. Altri erano in casa. Oppure ci sono stati portati con l’inganno da false telefonate, che avvertivano di strane perdite d’acqua. Tutti, comunque, sono stati fermati dalla Digos con passamontagna e armi in pugno, davanti agli occhi increduli di colleghi, amici e vicini. Ad alcuni hanno addirittura sfondato la porta di casa, con un clamore immotivato. E hanno sequestrato telefoni, computer – personali e di lavoro – agende e altri effetti personali.Di qui, si è poi proceduto con le varie perquisizioni: dalle abitazioni ai luoghi di lavoro, dalla casa dei genitori fino alla casa di villeggiatura, messa letteralmente a soqquadro durante ore di ricerche con cani e metal-detector. I colleghi dei fermati, sul posto di lavoro, sono stati identificati dagli agenti senza troppe spiegazioni. Dalle abitazioni di ognuno – e dalle loro automobili – sono stati portati via volantini, manifesti, riviste, film, libri insospettabili e poesie. Anche le bollette della luce e del gas, sono state oggetto di interesse. Addirittura, lettere manoscritte indirizzate ai propri figli: tutto, incredibilmente, sotto sequestro.
Dopo le interminabili perquisizioni, la questura. Dove ai fermati è stato fatto intendere, da agenti sempre incappucciati e poco inclini all’eufemismo, che di ognuno conoscevano a memoria anche la più piccola conversazione, spostamento o telefonata degli ultimi anni. Ogni fermato ha infatti ricevuto un trattamento psicologico “personalizzato”, studiato su debolezze e informazioni acquisite durante mesi di ascolti e pedinamenti. Alcuni sono stati trattati dagli agenti con distacco, lasciati per ore in stanza da soli, in attesa di chissà cosa. Altri sono stati oggetto della simpatia e del macabro senso dell’umorismo dei Digos, dichiaratisi “compagni” e comunisti. Questi stessi agenti, mossi da un irrefrenabile desiderio di comunicare, si sono sapientemente lasciati andare a considerazioni sulla vita privata dei fermati. Anche su quella più intima. Interessanti, poi, le opinioni sui dibattiti politici e sui documenti scritti dai compagni, che i Digos avevano seguito con evidente partecipazione. Alcuni agenti, sempre schermati dal passamontagna, hanno suggerito ai fermati di guardarsi intorno con “più attenzione”, all’interno dei centri sociali e dei luoghi di confronto abituali: “la prossima volta, in XXX, ti faccio l’occhiolino, così forse mi riconosci”, hanno sussurrato a un compagno. Tutti i fermati sono stati rilasciati fra la mezzanotte e la mattina del giorno dopo. Risultato: due di loro sono ufficialmente indagati per i reati previsti dall’articolo 270 bis, ovvero associazione con finalità di eversione e terrorismo, costituita in banda armata e operante – così specifica l’avviso di garanzia – “secondo le modalità proprie delle Brigate Rosse”. Le posizioni degli altri quattro, risultano invece “da approfondire”, anche se nei fatti sono coinvolti quanto gli altri. Cosa è accaduto? Semplicemente, è scattata l’ennesima, puntuale, strumentale stretta repressiva. Oltre ai fermi di Milano, tra Roma, Sassari e Genova sono stati arrestati sei compagni: il tutto, nell’ambito di una maxi-operazione “anti-terrorismo” partita dalla Procura della Repubblica di Roma, scattata dopo due anni di indagini condotte dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti e dal sostituto, Erminio Amelio. I reati contestati, a seconda delle posizioni, sono di associazione per delinquere finalizzata al terrorismo, banda armata e detenzione di armi. Sempre, naturalmente, sulla scia delle Brigate Rosse. Che addirittura – questo il teorema dei pm – rischiavano di essere “rifondate” dagli arrestati, come provato dalle intercettazioni e dalle dinamiche degli appuntamenti e degli incontri.
“Te l’aspettavi?”, ha chiesto la Digos ad uno dei compagni fermati a Milano. Il compagno ha risposto: “no”. Subito dopo, però, ha aggiunto: “anche se sono un comunista. E i comunisti queste cose dovrebbero sempre aspettarsele”. Vero. Proprio da qui, infatti, devono partire le nostre considerazioni politiche.Anzitutto, la molla della maxi-operazione non è certo scattata in un momento qualsiasi. Gli arresti e i fermi – con tutto il fragore mediatico di “veline” e conferenze stampa lanciate da questure e procura – sono partiti il giorno stesso in cui i giurati del processo “Operazione Tramonto” entravano in camera di consiglio. Mentre giornali e televisioni, con la solita servitù intellettuale, celebravano l’arresto di sei pericolosi terroristi e il fermo di brigatisti di seconda generazione, a Milano si stava decidendo della sorte di diciassette compagni. Di questi, quattordici – guarda caso – a distanza di appena due giorni hanno ricevuto una sentenza di condanna in primo grado, fino a quindici anni di carcere. Siamo noi ad essere maliziosi, oppure è stato creato, con gli arresti del 10 giugno, il terreno necessario a far scivolare dolcemente condanne così dure? E non solo le condanne. Perché – come sottolineano i familiari e tutta la rete di solidarietà strettasi intorno ai condannati – allo Stato non basta rapinare i comunisti di quindici anni di libertà. Bisogna isolarli. Allontanarli dagli affetti. Magari inviandoli in Calabria, dall’altra parte del Paese. E poi, bisogna rendere gli altri detenuti impermeabili ad ogni contagio “rivoluzionario”. Creando delle sezioni “speciali” in cui suddividere e sigillare i condannati per terrorismo ed eversione. Un inasprimento delle condizioni detentive che gli arresti del 10 giugno servono ad avallare e suggellare, secondo la logica emergenziale, punitiva e preventiva propria dello Stato borghese.Finito un processo, quindi, ne inizia un altro. Ed inizia ad un mese esatto dal G8 de L’Aquila. Il collegamento al summit non lo stiamo ipotizzando noi, ma gli stessi magistrati. Che contestano agli arrestati, fra le altre cose, di aver preparato un attentato dimostrativo proprio contro il G8 che, all’epoca delle intercettazioni, avrebbe dovuto svolgersi nell’isola della Maddalena, in Sardegna. L’obbiettivo è di intimidire e spaccare al tempo stesso il movimento, a trenta giorni dalle manifestazioni che si svolgeranno in Abruzzo. Il messaggio è chiaro: se vogliamo, quando vogliamo, possiamo venirvi a prendere e rovinare quel che ci riesce di rovinare. Il 10 giugno, infatti, l’operazione è scattata in pieno orario di lavoro. Gli arresti e i fermi sono stati effettuati in modo immotivatamente teatrale. Perché? Per mettere in pericolo i posti di ognuno. Magari non vi arrestiamo, ma quantomeno vi ritrovate disoccupati. Purtroppo, in alcuni casi ci sono riusciti.Inoltre, la Digos ha tentato – come consueto – di seminare sospetti e diffidenza tra le varie componenti del movimento: “la sera prima di ogni manifestazione, in questura si beve e si mangia assieme ai vostri leader”, hanno “confidato” gli agenti ai fermati. Come dire: non c’è manifesto o slogan che passi senza prima essere stato concordato con noi. Questa la consistenza attuale del movimento, vista con gli occhi della repressione. E proprio in quest’alveo a conflittualità “controllata”, deve essere ricondotta ogni frangia del movimento: soprattutto le più refrattarie – nella pratica – ad ogni possibilità di compromesso. Infine, l’operazione è servita anche da monito ad un certo modo di interpretare la storia del movimento e della lotta armata. In un Paese – l’Italia – in cui di lotta armata non si può parlare se non definendola “terrorismo”; in cui chi si azzarda a raccontare con onestà intellettuale la storia del movimento operaio viene boicottato e censurato; in cui nemmeno per fiction si può ipotizzare una lettura dello scontro di classe se non attraverso la lente della borghesia vincitrice, beh: in questo Paese, un libro come “La fuga in avanti”, scritto da uno dei fermati di Milano, non è altro che un’anomalia. Da occultare o, qualora ne risulti impossibile l’occultamento, da colpire senza indugio. Gli anni Settanta li può raccontare solo Mario Calabresi, insieme a tutti gli altri giornalisti e storici con la patente di legittimità rilasciata dalle istituzioni. Chi stava dall’altra parte, deve tacere. O, al massimo, parlare per chiedere scusa. Per questo “La fuga in avanti” non ha ricevuto altra pubblicità se non quella dell’11 giugno scorso, quando i principali quotidiani nazionali lo utilizzavano per parlare solo di eversione.
Ora. Dopo aver letto le nostre considerazioni, i più diranno: beh, non c’è niente di nuovo. Infatti: niente di nuovo. Quanto avvenuto è l’ennesima riconferma dei meccanismi con cui marcia la repressione. Dei gangli poliziesco-giudiziari all’interno dei quali tenta, da sempre, di incastrare e arrestare il movimento rivoluzionario. Con la collaborazione di stampa e tv. E dentro la brodaglia – indispensabile – di ignoranza e assoluta mancanza di consapevolezza in cui gran parte del proletariato galleggia. Perché il fatto che queste “maxi-operazioni” e queste sentenze politiche avvengano nel compiacimento, o – nel migliore dei casi – nell’indifferenza generale, è indicativo della quantità di passi indietro che sono stati fatti in questi anni. O di passi in avanti che bisogna fare, da oggi. Quindi, per prima cosa esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai compagni arrestati il 10 giugno e ai condannati dalla sentenza di sabato 13. La stessa solidarietà che indirizziamo a tutti i detenuti – più e meno recenti – per reati associativi e politici. Fra questi, vogliamo ricordare in particolare gli arabi tacciati di “terrorismo” che vengono arrestati e incriminati – oggi – con le stesse modalità con cui – da sempre – lo Stato borghese arresta ed incrimina i comunisti.Poi, invitiamo tutti gli altri a non lasciarsi intimidire. A continuare nella lotta più e meglio di prima. Ricordando l’obiettivo – una società giusta, senza sfruttatori né sfruttati – e la dimensione che ogni singola esperienza di repressione vissuta, soprattutto oggi, assume al suo confronto.
SOLIDARIETA’ A TUTTI I COMPAGNI COLPITI DALLA REPRESSIONE
Collettivo San Siro

2 lug 2009

Nota di redazione

QUELLI CHE SEGUONO SONO ALCUNI POST INSERITI NELLE MIE NOTE SU FACEBOOK SALVATI PRIMA DELLA LORO SCOMPARSA.

queste cose il TG uno non le vede

sabato 6 giugno 2009

Luigi è un ex generale dell'aeronautica in pensione. Prima viveva a Cinecittà, poi “na volta col camper volevamo andà a scià in montagna.. se semo persi e siamo arrivati qui, ad Aragno”. Si sono innamorati del posto... pensa che ti ripensa e lui, con la moglie e la figlia sono venuti a vivere a 30km da l'Aquila. Un posto splendido. Il 6 Aprile Aragno è stata graziata dal sisma la cui onda d'urto è stata deviata dal massiccio sul quale sorge la chiesa di santa Barbara, di fronte al paese. Non ci sono stati né morti né crolli, ma le case sono state comunque lesionate e sono al momento inagibili. “Lo sai perchè si muore sotto i calcinacci? Perchè durante la scossa tutto quello che fai è restare li, seduto sul letto come un coglione sperando solo che finisca”. Prima arriva questo boato, come se un treno cominciasse a passarti dietro il muro di casa, poi tua moglie strilla, tua figlia strilla, tuo genero strilla, tutto intorno a te comincia a cadere, senti le cose fuori dalla finestra che cadono e altre strilla e urli della gente. E in tutto questo sei semplicemente pietrificato. E aspetti che finisca. E nonostante questo dialogo avvenga sotto una pioggia torrenziale, sotto una tenda in una situazione paradossale come quella che sto per raccontare la cosa che continuano a ripetere sia lui che la moglie è, sorridendo, “fortuna che siamo vivi” e “se non lo vivi non lo capisci e abbiamo difficoltà ad immaginare cosa abbiano vissuto gli Aquilani che oltre a tutto il rumore si sono visti esplodere addosso muri e finestre”. Ma torniamo ad Aragno subito dopo il 6 aprile: mentre si respiravano i calcinacci le persone del paese hanno cominciato ad organizzarsi. Aragno è sperduta in cima alla montagna e chiaramente le operazioni di protezione civile, le tende e tutto il resto hanno puntato l'Aquila e si sono comunque stabilizzate più rapidamente nei paesi distrutti che le stanno immediatamente intorno. Ma comunque, nonostante le priorità, la gente di Aragno era per strada. Cosi Luigi ha da subito tolto il telone al camper e ci ha messo 10 bambini dentro a dormire, mentre lui e la moglie dormivano in macchina. Poi alcuni vicini di casa hanno recuperato delle roulottes. E cosi si è formata una minitendopoli spontanea, formata da camper, roulotte e qualche tenda, nell'attesa dell'arrivo degli aiuti. Quando il campo della protezione civile è stato creato, però, mancavano le tende per tutti e il mini campo, proprio li accanto, aveva in qualche modo cominciato a sostenersi da solo. Per questo quando è stato ordinato a Luigi e gli altri di abbandonare il camper o le roulottes ed entrare, ammassati, nelle tende, la risposta è stata: guardate, noi ormai siamo organizzati ..lasciateci qui, non vi chiediamo niente. Nota bene, la mensa del campo è stata completata 15 giorni fa. Si trattava quindi di un campo a metà. Ma il fatto che Luigi e gli altri non fossero nella tenda ma fossero proprio li accanto dentro un camper ha scatenato il finimondo. Agli occhi dei responsabili del Centro Coordinamento per i campi della zona si configura il reato, nuovo di pacca per l'occasione, di “abuso tendilizio”: le tende ed i camper di Aragno sono “abusivi” e quindi la gente che ci vive non ha diritto a nulla. E cosi se un bambino vuole un biscotto non lo può avere. Se una donna di 80 ha bisogno di un paio di mutande, niente. Sono 90 persone ed in quanto abusivi, dipendono completamente da privati come noi per quanto riguarda cibo e vestiti. E poi, si sa come funziona: quando sei nei paesini, partono le faide e le questioni di principio. Cosi loro non entrano nel campo, per principio, e nel campo nessuno li vuole. Anzi si: possono andare alla mensa a mangiare ma a patto che sia di loro competenza la pulitura dei cessi (e solo quella). Qualche giorno fa Luigi ha avuto un forte attacco d'asma. Ambulanza e giu di corsa all'ospedale de L'Aquila. La tenda dove lo hanno curato era talmente calda che han detto tutti: se Luigi non muore adesso è fatta. Mentre nella tenda Luigi riusciva a cavarsela, un televisore attaccato li vicino regalava la Buonamici che annunciava raggiante che l'ospedale de l'Aquila era stato riaperto. Falso. Dei 1500 posti che aveva ne sono stati recuperati 115, in tende bollenti. Ma quella dell'ospedale non è l'unica balla: alla televisione si dice anche che la gente sta rientrando in casa. Falso. A parte che in 4 volte nel giro di due mesi che vado a l'Aquila non ho visto cambiare una virgola, ma comunque le scosse non sono finite e se ci sono dei terremotati a Napoli che quasi 30 anni dopo dormono ancora vestiti, è facile pensare quale possa essere ancora il livello di terrore della gente qui. L'ho voluta fare sta domanda: “c'è stato un giorno in cui non avete parlato di terremoto?”. “No, ne parliamo tutti ogni giorno per tutto il giorno. Per esorcizzarlo”. Mentre nelle tende di Aragno va in scena questa follia, nel campo di Piazza D'Armi (quello famoso) vanno in onda risse continue tra italiani e stranieri. Mentre a L'Aquila il 70% della gente è al momento disoccupata, sono stati assunti dal comune 8 nuovi vigili urbani.. da Torino. Mentre il centro urbano resta inaccessibile, i lavori per asfaltare le strade che raggiungono la caserma della guardia di finanza dove si terrà il G8 proseguono alla grande. Molte case nella zona della caserma saranno confiscate nei giorni del meeting... e tanto o sono disabitate oppure chi ci abita non dovrebbe avere problemi a farsi qualche altro giorno in tenda. Ovvio, no?Accanto al campo di piazza D'Armi una enorme distesa accoglie i calcinacci della casa dello studente. Li avevano portati li in fretta e furia per polverizzare tutte le prove ma sono stati bloccati prima dai giornalisti, poi dalla gente e finalmente da un giudice. Questa è la situazione e questi che ho raccontato sono alcuni dettagli. Sabato c'è stata la prima manifestazione “vera” della gente de l'Aquila: sono ancora in tenda, come il 7 aprile e non è cambiato niente. Nessuna prospettiva. Luigi ha detto che si farà l'estate li, ma se quando arriva l'inverno la situazione sarà ancora la stessa forse, a malincuore, lascerà tutto e se ne andrà. Ma Luigi è di Roma ed in fondo può anche permettersi di tornare indietro. Gli Aquilani no. Attenzione a cosa sta per succedere a l'Aquila perché c'è il caos e si tratta di un popolo orgoglioso, chiuso, e in questo momento incazzato come una iena.

Ju studiu deju decretu

giovedì 25 giugno 2009
Di LupoBianco DAL CAPOLUOGO L'Aquila, 24 giugno -
Nun l'eru mai fattu ma dalla notte deju terremotu sò diventatu nu espertu de pulitica, de urdinanze e de decreti.'Na cosa nun so' ancora capitu. Perchè le urdinanze deju governu le tengo ji a retroà aju situ della proteziò civile. ma cuscì è... Ma n'atra cosa sò capitu, che la tilivisiò é meju nun vedella. Te ice tuttu quellu che nun te serve. E de quello che te serve, te lo ice tuttu sbagliatu.Allora sò comenzatu a penzà. Aj'inizziu é stata na fatica!!! A forza de guardà la tilivisiò ju cervellu s'erà arrugginitu tuttu. Però.. 'Na ote che dalle rutelle se ne jita via la ruggine, tuttu ju cerveju ha comenzatu a funzionà meglio e cchiù veloce.Allora so penzatu. Tutti ji jalli cantenu e tutti penzanu solo pè issi, sa che ji frega deji atri. Ji guai so di chi ji tè.Se te guardi la tilivisiò a L'Aquila va tuttu bonu. Ci hanno atu tuttu. Addirittura ci hanno portatu pure in vacanza. Nun sera mai vistu a nisciun'atru terremotu. E questo lo sa tuttu ju munnu: ji aquilani nun tengheno mutivu de lagnasse. Se sinti gli atri italiani so cunvinti che stemo tutti a nu albergu a 5 stelle a pijià ju sole. In più ce refarannu tuttu addirittura sembra le strai de oru. Ji hannu tantu convinti che hannu cuminciatu a di che ji aquilani ci hanno guadagnatu co ju terremotu.Pò ci sta jatru gruppu quiji atri che iceno che ji sordi non basteno, che nun se refanno nè le case nè ji munumenti.Ju primu passo, senza nformamme, é statu quello de penzà du cose in base aji du gruppi:1) Se tengheno raggiò quiji che diceno che nun ce stanno ji sordi.Se fusse cuscì e appoggio ji atri, alla fine me retrovo come Don Farcucciu senza vistiti e co na mani ne nnanzi e una narrete. Co' ju ca_ zu che se refanno le case e gli monumenti anzi se portanu via pure ji uffici e ji posti de lauro.2) Se tengheno raggiò quiji che diceno ce stanno ji sordi.Se tengheno raggiò quisti che iceno che refanno tuttu putirria pure ji bona. Però se strillo co'jatri se pò ottenè quarcosa de cchiù pè la città. O Mejo la città se ripija quello che hannu portatu via in tutti sti anni.Per non remanì come Don Farcucciu, e penzenno che dopo sarria statu troppi tardi pe reconna le pechere, me so ittu e lo so ittu pure aji atri.Intantu partecipo a tutte le manifestazziò perchè ji revoglio L'aquila.Perchè se tingu raggiò quiji de "nu ce stanno ji sordi" arminu provo a sarvamme casema.Se tingu raggiò quiji de "ji sordi ci stannu tutti" me so persu solu un pò de fiatu pe lo strillà. Però so proato a fa recresce nu poco di cchiù la città.Questu perchè ecco nun se parla di russciu o de niro. Ecco se parla de ricustruì L'Aquila che non nè ne roscia nè nera.Perchè la ricustruziò frega solo agli aquilani. Jatri de fore non sapeanu gnentei de stà città. Prima l'aquila nun stea nemmenu alla cartina deju tempu della telivisiò!!! Aju momentu della scossa hannu ittu ma do' ca_zu se troa? Chè stà all'esteru? Po hannu penzatu che ju terremotu s'era sintitu troppu forte a Roma e non potea stà cusci lontanu. So jiti su internette e hannu scoperto che stavamu ecco. Ca_zu hannu ittu, mo' come facemo?Penzemo pure che a vive a L'Aquila ci stemo noiatri, issi fra pocu manco ci penzanu cchiù. L'Aquila anzi é solu nu problema pecchè nun fà quatrà ju bilanciu. Menu se spenne mejo è. Finitu ju primu casinu nun fregherà chiù gnenti a nisciunu.Pè dillo co' poche parole é statu nu peccatu che ju terremoto se sintitu pure in Giappò co ji sismografi. Sennò, vistu che era nu problema, nemmeno lo iceano alla televisiò e nun se sarria cacciatu nemmenu nu centesimu.Quannu so fatti sti discorsi m'hannu ittu che eru cumminista. Che rallenteo chi laorea pè la ricustruziò. Avoglia a faji capì che la pulitica nun c'entrea che ji penzeo solo aju bene de L'Aquila e che le manifestazziò eranu senza bandiere. Comunque tantu hannu ittu, tantu hannu fattu, che alla fine mannu fattu ncazzà e mannu costrettu a studiamme tutti ji decreti e le urdinanze pe poteji fa capi quello che stea a succede.Mannu custrittu a legge!! A mi!!! A mi che me leggeo solu ji jornaletti perchè ci steano le figure!! Penza nu pocu!!! Mannu costrettu a nformamme sopra le cose serie prima de parlà pe non esse preso pè c_lo da tutti ji amici mè.Mannu costrettu addirittura a non vedemme chiù le ballerine alla televisiò ma a perde tempu pe penzà aji ca_zi me.E furtuna che lo so fattu!!! Sapissi quante cose so scoperte!! E tutti quissi che prima parleno come jie lo so raccuntato hanno ittu:non é pussibile. La tilivisiò ice tuttu diversu!ji so rispustu: frejò 'nformate!!! Leggete ji ducumenti nun te cree tuttu quello che te racconneno. La tilivisiò funziona co nojiatri come nu facemo co ji quatranitti picculi. Nu co ji quatranitti pe faji sta boni je raccuntemu nu sacco de cose, ji raccuntemo pure chè isiste la befana. Cuscì fa la televisiò co gli aquilani e ji italiani. Ji taliani sannu che pè L'aquila stannu arrià nu saccu de sordi ma leggennu le urdinanze me sembra diversu.Unu pè pijamme in giru ha provatu ha fa 'na battuta. Ma questa alla fine a fattu vinì ju dubbiu a tutti. La battuta che ha ittu é:se ji teneo raggiò allora se unu tenea 'na casa cò du nummeri catastali una è seconna casa. Vistu quello che diceo ji suju casinu delle seconne case e vistu che ji sordi sembra ce stannu solu pè la prima, se tà capì se stu cristu vò recustrui la parte dò magna o quella a dò caca e dorme. Stu cristu in futuru o magnea o cachea e dormea.Era na' battuta e tuti se sò messi a rie. Ma dopu ha fattu penzà tutti. ha 'nnescatu ju dubbiu. Dopu che nun semo durmitu quarche notte pè ju penzieru che ce potea sta quarche cosa che non jea, se semo organizzati. Se semo organizzati pè studià la questiò.Ce 'ncuntremu tutti ji jorni, tutti 'nzieme sottu aju arberu de piru di fronne alla ex casa de Giovanni pè studià l'urdinanze e pe sarvasse ju futuru nostru. Pè vedè co ji occhi nostri se ce stannu a 'ncu_à.Semo partiti dalla coa perchè penzavamu de fà prima. Perciò semu provatu a legge le urdinanze che tingu ji moduli pe chiede ji sordi pe ricustruì. Pò semo capitu che servea pure ju decretu perchè ji sordi stannu scritti in quistu. Le urdinanze dicono solo come si tingo addoprà quiji stabiliti daju decretu.Ma ce semu subitu accurti pure che quarche atra nun ce quadrea.Non é ancora chiaru, ma mesà, sottu sottu ci sta la frecatura. Semo joranti e ci mettemo tempu pè capì. Ma quarche cosa, che non và, ci stà.Ju modellu delle urdinanze pè chiede ji danni é facile. Se tà mette solo quarche crocetta e rimpì du campi. Quello che nun rescemo a capì e pèrchè pe' ji casi nostri sembra non ci stingo ji posti pe le crocette. N'atra cosa é che leggennu gli articuli sembra che ce reanno solu na parte e no tuttu.Co' ji terremotu ju ghhiù furtunato é statu Pietru. Ha avutu la casa danneggiata ma de classe A.Ha scopertu nell'urdinanza che po pijà massimu 10.000 euro anche se cumprensivi di IVA e progettu. Ma da n'articulu dell'urdinanza sembra che gli sordi per reagli alla gente tingu vinì daju CIPE e daji risparmi che ce stanno se le persone abbandonanu le tende e tornenno alle case. Mo' Pietru, che secondu me é iscitu de testa, gira pè ju campu dicenno a tutti de rentrà cuscì a issu forse quarche cosa gli arriva e é ncazzatu niru co queji degli alberghi che custeno pure de chiu. E j'articulu 10 j'a missi sopra le spalle sè.Giovanni nun tenea na lira e ha fattu nu mutuo al 100%, ci ha fattu rentrà pure ji mobili e ju notaiu, pè nu totale de 200mila euro. Mo tè na casa dà dimulì. Leggennu ji articuli n'giru sembra che po' revenne all'agenzia co nu massimu de 150mila euro.Sembra che ji sordi pè fa questo vingu daji gratta e vinci. Ma se fosse cuscì doppu che ha revennutu tuttu all'agenzia e é statu aiutatu remane co nu debbitu de 50.000 euru e senza casa. Stemo ancora a apprufundì perchè se fosse cusci pe Giovanni sarria drammatica. Ju affittu da pagà e nù debitu de na casa revennutà sottucostu. E tà pure pregà che se venneno sti benedetti gratta e vinci senno ji debitu é ancora chiù rossu. Mo quarcunu dice che forse stemo a studià la prima ipotesi. Ma pe noiatri carta canta. Stemo a comunque a cercà la variazzio pè potè vede se nun ce sta quarche atra cosa sotto. Se nun trovemo la smentita pè giovanni so ca_zi.Pò ci stanno ji dubbi sulle seconde case, che sembranu seconde ma invece so prime. Sembra nu casinu come la so ittà ma me spiegu.Ju fiju de Francu se compratu na casa pè sposasse. ma non c'era ancora jitu perchè ancora nun se sposa. Mò questa chèe è? Se é seconda casa so ca_zi.Ju cognatu de Peppe s'é separatu. S'era recompratu casa ma ancora tenea j'indirizzo vecchiu. Mò questa chèe è? Se é seconda casa so ca_zi. Stu poeracciu nemmeno era riscitu a avè ju scontu dell'iva perchè tenea ancora la prima e quinni nemmeno é scrittu sopra ju attu de compera.Giuseppe tè n'atru dubbiu. Prima era nu signore vivea a nu beju cunduminiu, fore daju centru. A stu cunduminiu però ce steanu du che eranu compratu solo pe ji studenti. Addirittura una era na terza casa. Che tà fà stu poeracciu? Quiji du' tincu già ju problema che hannu persa la prima, penza se vunnu refà la seconda pè la quale sembra nun ce stannu ji sordi. Ju dubbiu è vo vedè che pure Giuseppe tà fa come Giovanni e remanì co ju debitu e senza casa?Stemo pure a cercà de capì che ta' fa Giovanna la figlia de Pietru che lavorea pè gli turisti. Pure su questo ci stà da capì. Nun se capisce perchè, se ci stannu ji sordi, ji stranieri si tingu adottà ji principali munumenti. Infatti ji 44 so ji chiu importanti, basta legge ju elencu. Pe ji atri munumenti chiù picculi nun se ice neinte. Eranu pure tanti, si ice fra 1000 e 2000. Se ice pure che gli danni so pe 3.000 milioni e ce ne stanno, sembra, solu 69.Vo vedè che sta pora figlia ta ji a laorà fore. Vo vedè che all'esteru a Dresda doppu la guerra hannu ricostruito tutta la città storica a partì dalle fotografie e ecco non lo vunnu fà? Diceno che é difficile a recostruì L'Aquila. Eppure a Dresda l'hannu fattu. Mo stemo a penzà che ca_zu ci sta di diverso a L'Aquila pe non potesse fà'. Forse é chiu difficile perchè lL'Aquila é chiù piccola oppure che non se vò fà? E in tar casu vaffanc_lo pure all'economia deju turismu. Quellu che non se po' portà via ci passanu co'na ruspa sopra perchè custa menu.Stemo ancora a laorà, a studià pè capì che stà a succede e se ce stemo a sbaglià. Potete participà tutti anzi é mejo, chiu semo a penzà mejo é. Però nu già stemo 'nnanzi co ju studiu. Allora a chi vo vinì icemo che è meglio che se remette 'mparu prima da solo alla tenda sè. Pò, po' vinì. Sennò perdemo tutti tempu.Però mo gli compagni mè, se stanno a remozzecà ju tutiglio pe' non esse vinuti alle manifestaziò. Pure issi mo icono che chi ci stea non era di nisciunu colore. Se so tarmente cunvinti che mo vunnu pure sapè quannu ci sta la prossima pe potè sveglià gli atri.Se so accorti che chi manifestea eranu solu pori cristi che rivindicheno ju dirittu de esse trattati come quigli atri pori cristi terremutati dell'Umbria, dell'Irpinia e deju Friuli. Chi manifestea vò ricustruì come quissi atri. Non sentisse di ice che gli atri hanno fattu tutto e chiu bellu di prima. Che issi so stati capaci de fallo co' ji sordi e gli aquilani nu so capaci de fallo senza sordi e senza postu de lauru che pure ce voleno portà via co j'articulu 11 dell'ordinanza me sembra della rejjo.Comunque ve aspettemo sottu aju piru pe potè studià. Conviene studià perchè come ice ju cacciavite é na' vitaccia.Scuseteme pè l'Aquilanu 'mperfettu ma ecco tretteca tuttu, e me manca pure ju tempu perchè tengo pure studià. La prossima ote giurò scrierò mejio.Comunque icono che ju terremotu é passatu ma jenotte sè svejiata pure la fajia dejiu Gran Sassu 4.6 alle 22:58:40. Pensete un pò ci hannu riittu pure alla tilivisiò. L'hannu riittu come se ji jorni arrete non avesse trettecatu e erano solu ji aquilani cuscì cacas_ttu da nun volè rentrà alle case!!!!(L'articolo é di solo fantasia, i nomi riportati sono anche essi di fantasia. Coincidenze con fatti veri sono una pura casualità)LupoBianco

l'eccezionale occasione per far conoscere ai Grandi, la realtà dell'Aquila!

domenica 28 giugno 2009

PIZZOLI. Se volete avere una idea di come saranno le giornate del G8 nel circondario dell'Aquila dovete andare a Pizzoli. Davanti al cimitero è stata montata una enorme tendopoli che ospita centinaia di uomini dell'esercito. Un presidio che dovrebbe essere smantellato il 15 luglio quando i capi di Stato saranno già ben lontani dall'Aquila. Ma, naturalmente, il problema per chi abita nella zona nord ovest del capoluogo non è certo la presenza dei militari che, oggi, sono arrivati a tutela del summit del G8 ma subito dopo il sei aprile hanno avuto un ruolo importante nell'aiuto alle popolazioni colpite dal sisma. I disagi saranno soprattutto quelli relativi alla impossibilità di spostarsi. Per farla breve e semplificando: chi abita nella zona di Pizzoli e Preturo e dintorni dalle ore 7 del 5 luglio alle 12 dell'11 luglio non potrà praticamente arrivare all'Aquila se non attraverso tutta una serie di procedure autorizzative. E comunque è escluso in maniera tassativa l'utilizzo delle auto. Il prefetto dell'Aquila Franco Gabrielli ha firmato una ordinanza molto dettagliata con la indicazione di tutte le strade nelle quali «per motivi di ordine e sicurezza pubblica» sarà sospesa in via temporanea la circolazione. Tutti gli snodi stradali, in particolare quelli della statale 80 (che di fatto sarà intransitabile), saranno presidiati dalle forze dell'ordine.«Sarà consentita» scrive il prefetto nell'ordinanza «la circolazione pedonale solo a coloro che avranno l'apposito "badge" (una sorta di pass ndr) rilasciato dalla struttura Missione G8 nonché ai residenti preventivamente censiti muniti anche del "badge". Detta circolazione avverrà lungo appositi corridoi di transito».Potranno passare gli addetti ai servizi di pubblica utilità che avranno un passi identificativo. Per evitare il blocco dei lavori del progetto Case (un grosso cantiere è aperto da diversi giorni a Cese di Preturo) i conducenti delle betoniere per il trasporto di cemento avranno un passi speciale ma, avverte il prefetto, ci saranno controlli mirati per evitare possibili infiltrazioni da parte di maleintenzionati. Il divieto non risparmia gli animali e in particolare le pecore. Infatti, sempre secondo l'ordinanza «la provinciale 33, via del Laringo, via Preturo, viale Fiamme Gialle e strade ad essa adducenti» sarà interdetta «alla circolazione di greggi». Per una settimana dunque i pastori dovranno cambiare pascoli. Intanto qualche azienda prende già le misure contro eventuali azioni violente. Ci sono stati casi di indicazioni stradali coperte. Come dire: è meglio prevenire.

ibRIdAMeNTi

http://tinyurl.com/lmuc7z

RACCOLTA DI POST, DOCUMENTI, COMMENTI, CRONACHE E CONTROINFORMAZIONE

A L’Aquila la repressione continua.

In vista della manifestazione del 27 che partirà di fronte Piazza d’Armi (il campo più grande e più controllato) avevamo provato a scalfire l’oscurantismo e l’isolamento che regna attorno alla vita delle mille e più persone che vivono all’interno del campo. Annalisa, una ragazza che vive nel campo, aveva richiesto di poter fare un’assemblea giovedì pomeriggio. Dopo mille ostacoli e rifiuti, il capo campo aveva dovuto acconsentire a “concederle” di tenere l’assemblea ,a patto che entrassero solo cinque o sei persone dei comitati cittadini per i quali avrebbe dovuto garantire lei. Oggi Annalisa, mentre distribuiva i volantini che invitavano le persone a prendere parte all’assemblea, è stata fermata dal capocampo che si è rimangiato tutto e le ha negato la possibilità di fare l’assemblea. “Serve l’autorizzazione del COM” (i nuovi nuclei amministrativi di una citta commissariata in cui le istituzioni locali non contano più nulla) le ha detto. Il Com ovviamente l’ha rimpallata al DICOMAC (il comando centrale, la CASERMA dove risiede il sovrano Bertolaso e dove si terrà il G8), il DICOMAC le ha detto che l’assemblea non si può fare.Questa è una mattinata normale per chi a l’Aquila si batte per ricreare un minimo spazio di democrazia e di discussione. A Piazza d’Armi già ci era stato impedito più volte di entrare a parlare con i nostri concittadini, di svolgere attività di sostegno per la popolazione, tipo la giornata di sport del 2 giugno, o perfino di dare volantini e megafonare all’uscita del campo. Proprio ieri Bertolaso, nel suo primo incontro con i comitati (da notare che il primo momento di confronto avviene mentre a Roma si approva il decreto), aveva garantito che le assemblee si potevano tenere senza problemi; “però dovete dire la verità” aveva detto. La verità continuaiamo a dirla: A L’AQUILA CHIUNQUE PROVI A CONTESTARE L’AUTORITA’ DELLA PROTEZIONE CIVILE E DEL GOVERNO VIENE OSTACOLATO, SCHEDATO E OSCURATO CON OGNI MEZZO. I CAMPI SONO I NOSTRI QUARTIERI, LE TENDE LE NOSTRE CASE, E’ ORA DI RIPRENDERCELI E DI RIPRENDERCI LA NOSTRA CITTA’.

28 giu 2009

Aloe vera

esemplare gentilmente regalato da Concetta...
.....riponiamo molte speranze in lui

esemplare acquistato dal vivaio....
...mmmahh, vedremo!





Nota fin dall’antichità per la sua vasta gamma d’impiego e per la rapidità con cui manifesta i suoi effetti. Grazie alla sua composizione biochimica l'aloe vera è indicata come trattamento per innumerevoli malanni e per i più svariati disturbi, tanto da essere considerata come una piccola farmacia casalinga: guarisce tagli e ustioni; rende più morbida la pelle e la
protegge da punture di zanzara e scottature;
aiuta nella cura dell'acne e degli eczemi ed è altrettanto efficace contro i disturbi digestivi e intestinali, i dolori mestruali e perfino le artriti.

Italie : la colère des « terremotati » de l’Aquila

Les « terremotati » (de terremoto, tremblement de terre) sont 65.000 à avoir fui leurs maisons.
Aujourd'hui, 26.155 d'entre eux vivent encore tant bien que mal dans des tentes. Après le froid et les pluies du printemps, ils vont devoir affronter la chaleur de l'été. « Un weekend au camping » avait dit Berlusconi.Un très long weekend, car les nouvelles maisons ne seront pas habitables avant décembre, si tout va bien.D'autres logent dans des hôtels du littoral ou ont trouvé refuge chez des proches.
Hier, sur la place de Rome, ils étaient plus de mille à crier leur colère.« Vergogna ! Vergogna! » (honte, honte)« Forts et gentils, oui, stupides, non ! »
«Nous nous sentons humiliés et trahis par le gouvernement (...) S' il ne change pas de stratégie, la ville ne sera pas reconstruite, il y aura seulement 15 000 maisonnettes. Et cela signifie la mort de l'Aquila, une défaite pour tout le pays. » a déclaré Massimo Cialente, le maire de la ville.
Alors que les bâtiments du centre, laissés à l'abandon s'écroulent inexorablement, minés par de nouvelles secousses telluriques et par de fortes pluies, les travaux de réfection des voies d'accès au G8 qui se tiendra en juillet à l'Aquila vont bon train.
« Quel meilleur endroit pour accueillir le G8 qu'une région meurtrie par un séisme ? » avait dit Berlusconi.
Sinistre illustration du « capitalisme du désastre » (Naomi Klein), « ce type d'opération consistant à lancer des raids systématiques contre la sphère publique au lendemain de cataclysmes et à traiter des derniers comme des occasions d'engranger des profits ».
Parqués dans des tentes, sous une surveillance militaire et policière constante, les rescapés de l'Aquila assistent impuissants à l'annexion de leur territoire par des grandes firmes avides de profits. Un million d'euros ont déjà été investis dans la transformation d'un petit club aéronautique en un aéroport confortable destiné à accueillir les grands de ce monde qui pourront, entre deux cocktails et trois réunions, brièvement s'apitoyer devant le sort des habitants des campements de toile.
« La doctrine fonctionne ainsi: le désastre originel - le coup, l'attaque terroriste, l'effondrement du marché, la guerre, le tsunami, l'ouragan - plonge toute la population dans un état de choc collectif. Les adeptes de la doctrine du choc sont convaincus que seule une rupture radicale permet de générer la remise des compteurs à zéro qu'ils désirent pour imposer leur «sainte trinité»: élimination de la sphère étatique, totale liberté pour les entreprises et dépenses sociales squelettiques». (Naomi Klein)