25 feb 2010

una missione incostituzionale



                                                                                             

                          
   
      22/02/2010
In Olanda la questione della partecipazione alla guerra in Afghanistan ha provocato la caduta del governo.
In Italia - dove domani il Senato voterà il rifinanziamento alla missione già approvato alla Camera - sia la maggioranza di governo che l'opposizione continuano invece a sostenere un intervento militare sempre più corposo e quindi costoso (51 milioni di euro al mese contro i 45 dell'anno scorso, che aumenteranno ancora nel secondo semestre del 2010 con l'invio di altri mille soldati) e sempre più palesemente in contrasto con la nostra Costituzione, che all'articolo 11 "ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali".
Qualcosa, però, sta iniziando a cambiare anche da noi. Alcuni parlamentari cominciano a rendersi conto dell'incostituzionalità della partecipazione delle nostre forze armate alla guerra in Afghanistan, e ad agire di conseguenza. E perfino dagli ambienti militari, che finora hanno taciuto su una realtà che ben conoscono, iniziano a emergere segnali di nervosismo.

Interrogazione parlamentare sulla missione. Nei giorni scorsi l'onorevole Maurizio Turco (radicale eletto nelle liste del Pd), assieme ad altri cinque deputati radicali che, come lui, alla Camera non votato il rifinanziamento della missione, ha presentato un'interrogazione parlamentare alla Difesa sulla reale natura bellica della nostra missione militare in Afghanistan, denunciandone quindi l'incostituzionalità.
"La nostra interrogazione - spiega Turco a Peacereporter - è stata presentata il 17 febbraio in seguito alle dichiarazioni del ministro La Russa sulla partecipazione dei comandi italiani all'operazione Mushtarak e sullo scopo di questa offensiva condotta dalle forze Isaf. Non abbiamo avuto risposta".

Le dichiarazioni del ministro La Russa. Martedì scorso, interrogato da alcuni giornalisti sull'offensiva alleata i corso nella provincia afgana meridionale di Helmand, il mefistofelico Ignazio aveva dichiarato che gli italiani, pur non prendendo parte ai combattimenti (tutto da dimostrare, soprattutto riguardo alle nostre forze speciali), stanno nella linea di comando a Kabul che dirige l'operazione, aggiungendo poi alcune considerazioni da tipica missione di pace sull'andamento dell'offensiva: "Si sta vincendo nel senso che stiamo occupando il territorio. Ma si sta vincendo senza avere eliminato il pericolo, perché (i talebani, ndr) stanno utilizzando il concetto 'soldato vivo buono per la prossima volta'. Una vecchia frase di luogo comune che sintetizza un concetto militare: gli insorti sono impegnati ma quando possono si sottraggono al combattimento. Certamente l'operazione va avanti con meno difficoltà del previsto e l'obiettivo del controllo del territorio viene raggiunto, questo però non toglie che le forze ribelli rimangono con poche perdite. Il problema è se hanno la possibilità di riorganizzarsi per attività di guerriglia anziché di confronto duro".

"Palese violazione della Costituzione". "Numerose agenzie di stampa hanno diffuso la notizia della morte di cittadini afghani non appartenenti alle forze ribelli coinvolte nei combattimenti", si legge nell'interrogazione parlamentare dell'onorevole Turco. "L'impiego di militari italiani, anche solo con compiti coordinamento e di comando, in azioni di guerra come è in effetti l'operazione Mushtarak, che prevede l'occupazione militare di un determinato territorio afghano viola palesemente l'articolo 11 della Costituzione. Le dichiarazioni del ministro della Difesa appaiono improntate a diffondere una chiara volontà del Governo italiano tesa all'occupazione militare di un territorio straniero, con l'uso delle armi e finalizzata al totale annientamento delle forze ribelli. Quanti sono - si conclude l'interrogazione - i militari italiani che a qualsiasi titolo hanno preso parte alla predetta operazione Mushtarak? Con quali incarichi? Per assolvere quali ordini? Risultano coinvolti negli eventi bellici che hanno causato la morte di civili afghani?".

Il partito dei militari contro la guerra. Le parole del ministro La Russa hanno suscitato reazioni critiche anche di alcuni militari, come l'ex maresciallo dell'Aeronautica militare Luca Comellini, oggi segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari (Pdm): movimento da lui fondato l'estate scorsa proprio assieme all'onorevole Maurizio Turco.
"Nelle sue dichiarazioni pubbliche sulla missione militare italiana in Afghanistan - spiega Comellini a Peacereporter - il ministro della Difesa, pur non usando mai la parola 'guerra', fa regolarmente ricorso a una terminologia che è prettamente bellica: 'battaglie', 'combattimenti', 'nemici eliminati', occupazione del territorio'. Parlando dell'operazione Mushtarak La Russa afferma che i nostri militari vi partecipano con compiti di comando, lamentandosi delle limitate perdite inflitte al nemico. In passato ha reso noto che i nostri soldati hanno condotto offensive contro i talebani, rivendicando con orgoglio il numero dei 'ribelli' uccisi e i mezzi usati per farlo".

"Questa non è più una missione di pace". "Per il ministro della Difesa - continua Comelli - quello che conta non sono gli aiuti alla popolazione, come dovrebbe essere in una missione di pace, ma il numero dei nemici uccisi. Forse non si rende conto che le sue gravissime affermazione dimostrano che questa non è più una condivisibile operazione di peacekeeping, come viene raccontato agli italiani: è una guerra, un conflitto armato. Perfino il ministro degli Esteri Frattini l'altro giorno ha detto che 'nessuno si può permettere di dire che gli italiani stanno nelle retrovie'. E' ormai chiaro che la nostra missione militare in Afghanistan si pone ben oltre i limiti di intervento votati dal Parlamento e che le nostre forze armate stanno operando in aperto contrasto con l'articolo 11 della Costituzione. Che quella sia ormai diventata una guerra vera, in cui si uccide e si rischia di essere uccisi, soprattutto se dotati di mezzi da missione di pace, se ne sono resi conto di persona i soldati italiani che in Afghanistan ci sono stati, ma che preferiscono non parlare di queste cose. Ma le assicuro - conclude Comelli - che c'è un crescente scontento per questo all'interno delle nostre forze armate".

Fabio Mini: "Non dovremmo essere in Afghanistan". I militari in servizio preferiscono non parlare per non finire nei guai. Solo gli 'ex' possono dire senza timore come stanno veramente le cose. Come ha sempre fatto il generale in pensione Fabio Mini, che ha sempre parlato chiaro e continua a farlo.
"La missione Isaf a cui noi italiani partecipiamo è in contrasto con la nostra Costituzione? Secondo un'interpretazione sostanziale dell'articolo 11 la risposta è sì, perché l'Afghanistan non ci ha attaccati e non ci minaccia, quindi i nostri soldati non dovrebbero nemmeno essere lì. Se invece ci si attiene a un'interpretazione formale del testo costituzionale, dove esso parla di organismi internazionali che assicurino la pace e la giustizia fra le nazioni, allora si può trovare una giustificazione a tutto, ma così ci si addentra su un terreno molto scivoloso. Perché formalmente, sulla carta, lo scopo della missione Isaf autorizzata dalle Nazioni Unite rimane il sostegno al governo afgano. Ma di fatto la natura della missione è mutata nel tempo, diventando un'operazione di controinsurrezione, nella quale noi italiani siamo pienamente coinvolti".

L'Aquila

  di Maria Laura Menghini
L’ Aquila è una città che tutto assorbe, che tutto accoglie e che ti ammalia nella sua bellezza e nel suo essere insieme natura selvatica (bada bene, non selvaggia) e arte e storia e preistoria. Io mi sento, e quindi sono, anche Aquilana.
L’ Aquila è il luogo che abbiamo voluto dare a nostra figlia per tutto quello che c’è di etico, semplice, solido e duraturo nella vita di un essere umano. E, manco a dirsi, il mammouth  del castello, che mammouth non è bensì elefante, la Costa Masciarelli in cui ci siamo quasi scapicollati, le Tre Marie in cui abbiamo mangiato e bevuto a crepapelle. E la nostra trattoria preferita, Scannapapere, dove la nostra figlioletta si è rimpinzata di castrato, che ancora “si ricorda”.
Vagheggiavo per mio nipote Leonardo, 5 anni ad aprile, una gita a l’Aquila, da sempre. Gli avrei fatto scoprire mille cose. Non solo   L’Aquila.  Celano,  Bominaco, Alba Fucens,  Sulmona, Scanno, Pescocostanzo. La terra d’Abruzzo forte e gentile.
Poi il 6 Aprile, dolore insostenibile, perdita di un pezzo di noi; rivoglio il mio castello, rivoglio le mie cupole, le mie piazze.
Devo portare Leonardo a L’Aquila, devo.
Poi il 7 Aprile: penso, certamente il mondo che si definisce civilizzato capirà cosa stiamo perdendo. Caspita!, ha finanziato Evora, in Portogallo, speruto paese del mondo. Per L’Aquila non ci sarà certamente problema. Poi apprendo, dopo dieci mesi,   da un sindaco stremato e, posso dire?, visibilmente inadeguato e supplice, che L’Aquila non so in che astrusa sottocategoria sta, per cui l’Europa, la solita “EUROPA”, non solo non può stanziare più di 400 milioni di euro ( una cifra insignificante in confronto a Evora, che forse conosco solo io), ma che anche ha posto “lacci e lacciuoli” per la rimozione delle macerie.  Sono “smorzo” (trd: calcinacci)? Sono inerti? Sono rifiuti urbani? Sono il “cavolo” che ti si frega!
IO domenica vado co’ la cofana e ‘ ste  macerie me le carico in un secchio e le porto a via dell’anima, adiacenze dell’Hotel Raphael dove alloggiava Craxi. Via dell’anima de li m…..cci vostri!
Ed è solo l’inizio.