13 lug 2009

Ricostruire



Rivista tecnico-culturale, edita da Martin Internazionale, negli anni 1976 - 1980, Udine
Raccolta di esperienze progettuali, studi e approfondimenti sulle tecniche di recupero strutturale, luogo di dibattito politico disciplinare sulle problematiche della ricostruzione, promotrice di tavole rotonde, convegni e mostre sul terremoto e la ricostruzione del Friuli
UN AQUILANO IN FRIULI

6 maggio 1976, ore 21. Il piccolo auditorium era pieno di un pubblico attento alla conferenza; ad un tratto cominciò ad udirsi uno strano lamento, crescente d’intensità in pochi minuti, tanto da diffondersi fastidiosamente tra gli spettatori e, a un tratto, da indurre l’oratore ad interrompersi per individuarne l’origine: “Gatti…” commentò sorpreso e tranquillizzante, riprendendo la sua esposizione.
Pochi istanti dopo la sala fu scossa da un sussulto, quasi si fosse tutti all’interno di una carrozza tramviaria, bruscamente frenata in corsa.
In quel momento, a 60 kilometri di distanza, 45 comuni delle provincie di Udine e Pordenone venivano disastrati da un violento terremoto e altri 92 centri abitati venivano variamente danneggiati, con un coinvolgimento di circa 580mila persone e oltre 1.000 morti.

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Il giovane neo-laureato, aveva lasciato L’Aquila da pochi anni e aveva superato da pochi giorni l’Esame di Stato per la professione di ingegnere civile.
Un paio di giorni dopo, si presentava volontariamente al centro di coordinamento dei soccorsi per i Comuni di Majano, Buia e Osoppo.
Casco, mascherina, guanti, iniezione antitetanica: furono i suoi primi armamentari di lavoro.
Da quel momento iniziò la sua esperienza lavorativa, a contatto con le problematiche sorte col terremoto e con le varie fasi della ricostruzione, seguendo le diverse tappe della nascita e dello sviluppo del cosiddetto “Modello Friuli”.

Maggio 1976. Nomina del Commissariato Straordinario di Governo e istituzione dei Centri Operativi per il coordinamento degli interventi di soccorso. Altri Centri furono istituiti dalle Comunità montane e dalla Comunità Collinare, (S. Daniele, Majano, Osoppo, Forgaria, Ragogna, Buia, ecc.)
I tecnici, sia quelli dipendenti dalle Amministrazioni pubbliche che i privati volontari, furono impiegati subito nella direzione di operazioni di sgombero controllato di macerie, di demolizione “mirata” di edifici pericolanti (per riattivare strade e passaggi strategici), e nella gestione dei primi interventi di consolidamento e messa in sicurezza degli edifici.
17 giugno 1976. Con la legge regionale n. 17, furono formate commissioni tecniche (le cosiddette “Terne”: ingegnere/architetto, geologo, geometra) per il rilevamento dei danni subiti dagli edifici classificati recuperabili, determinando, attraversa la compilazione di schede già codificate, la consistenza e la spesa necessaria alla riparazione dei danni.
In pratica, puntelli, teli e martelli: venivano finanziati gli interventi urgenti e minimi indispensabili a eliminare le parti pericolanti delle costruzioni, a puntellare le parti recuperabili ed evitare ulteriori possibili danni causati da crolli di porzioni residue, dall’appesantimento delle strutture a causa delle piogge, ecc..
21 luglio 1976. Entrava in vigore la Legge Regionale n. 33. Conteneva norme per il reperimento delle aree da destinare agli interventi edilizi urgenti.
In particolare, attraverso l'elaborazione di varianti ai Piani Regolatori comunali vigenti, si procedette, in stretta collaborazione con le Amministrazioni comunali, alla individuazione delle aree da destinare ai nuovi insediamenti, anche provvisori, per fronteggiare le immediate esigenze abitative di oltre 61.000 persone, nonché di quelle per i servizi collettivi, per le attività terziarie di livello comunale e per gli insediamenti produttivi.
La loro localizzazione tenne conto dell'esigenza primaria di conservare intatta la coesione delle comunità loca1i, intenzionate a rientrare dopo il temporaneo sfollamento verso i centri della costa adriatica.
Le aree di insediamento, di limitata e, a volte, di ridottissima estensione (anche solamente per 2 o 3 alloggi per ciascun nucleo), furono scelte d’intesa con i Sindaci, tra quelle a più diretto contatto con i nuclei edificati originari; furono stipulati regolari contratti d’affitto con i proprietari.
Luglio, agosto 1976: progettazione delle opere di urbanizzazione primaria delle aree, realizzazione dei lavori, mediante appalto a Imprese singole o riunite in Consorzio (CO.RI.F.). Posizionamento dei prefabbricati forniti dalle Ditte Volani, Bortolaso, Della Valentina, COCEL, ecc.
La stessa legge regionale n. 33 imponeva la perimetrazione dei nuclei urbani distrutti nei quali la ricostruzione doveva essere attuata previa predisposizione di piani particolareggiati e l'individuazione, tra le altre, delle aree di discarica delle macerie.
Settembre 1976. Terribile scossa di terremoto e nuovi crolli. Esodo massiccio della popolazione verso i centri costieri.
Dal “fasìn di besòi” (facciamo da soli) al “dov’era e com’era”. Fortunatamente, l’inverno tra il 1976 e i 77 non fu particolarmente crudele.
Da quel momento, e ancor più con l’entrata in vigore della Legge Regionale n. 30 (20 giugno1977) e della Legge Regionale n. 63, (23 dicembre 1977), l’azione di ri-costruire il Friuli, è stata azione corale, politica, amministrativa, sociale, tecnica.
Partecipazione attenta e solidale dello Stato; vigorosa azione di programmazione e controllo da parte della Regione Friuli-Venezia Giulia; massiccia e instancabile opera delle Amministrazioni locali, Comuni, Comunità collinare, Comunità montane.
Da lì, la definizione del cosiddetto “Modello Friuli”.
Attraverso una serie di Documenti Tecnici (DT) elaborati sotto la guida e la sorveglianza della Regione, furono meticolosamente e dettagliatamente codificati i metodi di rilevamento dei danni degli edifici, la loro rappresentazione convenzionale unificata, le indicazioni progettuali degli interventi di riparazione e di adeguamento antisismico, il prezziario unificato delle opere edili e impiantistiche per la stima degli interventi, la parametratura dei contributi per la riparazione e per la ricostruzione, la articolazione delle varie forme di credito finanziario ai privati e alle imprese produttive, gli onorari professionali e le spese tecniche.
I computers ancora non cominciavano a entrare e a diffondersi nella strumentazione usuale degli studi tecnici.

Eccezionale scuola umana e professionale per il giovane ingegnere “ex aquilano”…dal 1976 al 1980 e oltre…

…analisi dello stato di fatto urbanistico e sociale preesistente e immediatamente conseguente al sisma; contatto capillare con gli abitanti-utenti dei piani di ricostruzione; instancabili, continue consultazioni serali con loro e con gli amministratori locali (al termine delle loro giornate di lavoro) e traduzione in elaborati tecnici di pianificazione e progettazione, la giornata seguente in studio, per modificare, migliorare, rendere sempre più aderente il piano alle esigenze dell’utente finale.
E alle 18, di nuovo in macchina, verso il Comune assegnato e verso una nuova riunione. A Forgaria, i primi mesi, veniva utilizzato un autobus lasciato dai soccorritori, nel quale era stato portato un tavolino su cui poter aprire le carte e una lampadina che prendeva la corrente elettrica dall’osteria.

E poi: … sopralluoghi, rilievi, indagini geologiche e catastali, al fine di conseguire una corretta conoscenza della realtà pre-esistente e definire l’opera di ricostruzione, congruente con i principi di risanamento urbanistico e ambientale, nel rispetto delle normative antisismiche, ma anche compatibile con le regole di conservazione dell’ambiente fisico e di riproposizione del tessuto microeconomico e sociale dei luoghi.
Specifiche normative furono applicate, adeguate, perfino “inventate”, per le zone non residenziali, destinate sia all'attività produttiva agricola, che ad altri insediamenti produttivi, ai servizi collettivi e agli ambiti territoriali suscettibili di particolari prescrizioni in materia di protezione ambientaIe, di rispetto di vincoli idrogeologici e geosismici.

Nei piani particolareggiati di ricostruzione furono introdotte indicazioni cogenti per la razionalizzazione di confini di proprietà, per la eliminazione di servitù attive e passive tra proprietà finitime, per l’accorpamento di proprietà frazionate, per il riordino fondiario, fino alla ricomposizione, pezzo pezzo, “cassone” per “cassone”, della cartografia catastale.
E nel frattempo, in virtù dei tempi relativamente brevi impiegati nella predisposizione degli strumenti urbanistici particolareggiati, la possibilità reale, da parte delle Amministrazioni Comunali, di rilasciare centinaia di concessioni edilizie e relativi contributi di legge per la ricostruzione di edifici nelle aree più centra1i degli insediamenti, quelle maggiormente colpite dal disastro.
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A distanza di 33 anni, camminando oggi per le vie e tra le case e i palazzi ricostruiti di Osoppo, Gemona, S.Daniele, Venzone (ricostruiti non come vuote quinte teatrali, ma come veri nuclei urbani, vivificati da veri abitanti e cittadini nella pienezza delle loro attività economiche e sociali), resta la soddisfazione di aver contribuito, seppur in minuscola parte, a quel processo.

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