15 gen 2010

4 case in Zona rossa

Corso Federico II 69
via delle Bone Novelle 15
Costa Masciarelli 24
viale Crispi, case INCIS

tutte "E",.... "completamente inagibile per gravi danni strutturali..."

13 gen 2010

Gli italiani del '48 e quelli del 2010

di Vittorio Emiliani, "l'Unità, 13.01.2010

Dunque, appena 62 anni fa (un fiato per la storia) erano italiani, erano calabresi i clandestini che tentavano di passare in Francia. Eravamo noi i senegalesi, i maghrebini, i disperati d’Europa. Nessuno vuole ricordare: dai leghisti del Nord ai berlusconiani del Sud. Il sonno della memoria genera mostri come il razzismo. Gli interessi di “rapina” fanno il resto. Perché la Rai - che ne ha diritti ancora per un po’ - non proietta in ore possibili "Il cammino della speranza" (1950) di Pietro Germi, odissea di clandestini siciliani diretti in Francia?

Dall’800 trenta milioni di italiani sono andati per il mondo come muratori, minatori, fonditori, scaricatori, braccianti agricoli, ecc.
I lavori che i locali respingevano e che, da anni, anche i giovani italiani rifiutano, nello stesso Sud dove la disoccupazione giovanile è altissima.

È per questo, non per buonismo, che importiamo braccia. Salvo poi - là dove le mafie controllano tutto - pagarli, alloggiarli, trattarli da schiavi. Troppo comodo. Possibile che Stato, Regioni, Comuni, sindacati non possano fare nulla di positivo, di preventivo, di tempestivo in materia?

http://www.youtube.com/watch?v=Evmv82KLbfM

11 gen 2010

Transition Town

Cos’è la Transizione di Cristiano Bottone

La Transizione è un movimento culturale impegnato nel traghettare la nostra società industrializzata dall’attuale modello economico profondamente basato su una vasta disponibilità di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo delle risorse a un nuovo modello sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza.

Analizzando più a fondo i metodi e i percorsi che la Transizione propone, si apre un universo che va ben oltre questa prima definizione e fa della Transizione una meravigliosa e articolatissima macchina di ricostruzione del sistema di rapporti tra gli uomini e gli uomini e tra gli uomini e il pianeta che abitano.

Transition è un movimento culturale nato in Inghilterra dalle intuizioni e dal lavoro di Rob Hopkins.

Tutto avviene quasi per caso nel 2003. In quel periodo Rob insegnava a Kinsale (Irlanda) e con i suoi studenti creò il Kinsale Energy Descent Plan un progetto strategico che indicava come la piccola città avrebbe dovuto riorganizzare la propria esistenza in un mondo in cui il petrolio non fosse stato più economico e largamente disponibile.

Voleva essere un’esercitazione scolastica, ma quasi subito tutti si resero conto del potenziale rivoluzionario di quella iniziativa. Quello era il seme della Transizione, il progetto consapevole del passaggio dallo scenario attuale a quello del prossimo futuro.

COM’È IL NOSTRO MONDO

L’economia del mondo industrializzato è stata sviluppata negli ultimi 150 anni sulla base di una grande disponibilità di energia a basso prezzo ottenuta dalle fonti fossili, prima fra tutte il petrolio. Più in generale il nostro sistema di consumo si fonda sull’assunto paradossale che le risorse a disposizione siano infinite.

Le conseguenze più evidenti di questa politica sono il Global Warming e il picco delle risorse, prime tra tutte il petrolio, una combinazione di eventi dalle ricadute di portata epocale sulla vita di tutti noi. Ci sono molti altri effetti che si sommano a questi, inquinamento, distruzione della biodiversità, iniquità sociale, mancata ridistribuzione della ricchezza, ecc.

La crisi petrolifera appare però la minaccia più immediata e facilmente percepibile dalle persone. Rob intuisce che è più semplice partire da questo punto e arrivare agli altri di conseguenza, un’intuizione che è probabilmente alla base della fulminea diffusione del suo movimento.

RISCOPRIRE LA RESILIENZA

Ma Rob è anche e soprattutto un ecologista e ha passato anni a insegnare i principi della Permacultura. Da questo suo background deriva la sua seconda intuizione: applicare alla logica della sua Transizione il concetto di resilienza.

Resilienza non è un termine molto conosciuto, esprime una caratteristica tipica dei sistemi naturali. La resilienza è la capacità di un certo sistema, di una certa specie, di una certa organizzazione di adattarsi ai cambiamenti, anche traumatici, che provengono dall’esterno senza degenerare, una sorta di flessibilità rispetto alle sollecitazioni.

La società industrializzata è caratterizzata da un bassissimo livello di resilienza. Viviamo tutti un costante stato di dipendenza da sistemi e organizzazioni dei quali non abbiamo alcun controllo. Nelle nostre città consumiamo gas, cibo, prodotti che percorrono migliaia di chilometri per raggiungerci, con catene di produzione e distribuzione estremamente lunghe, complesse e delicate. Il tutto è reso possibile dall’abbondanza di petrolio a basso prezzo che rende semplice avere energia ovunque e spostare enormi quantità di merci da una parte all’altra del pianeta.

È facile scorgere l’estrema fragilità di questo assetto, basta chiudere il rubinetto del carburante e la nostra intera civiltà si paralizza. Questa non è resilienza.

I progetti di Transizione mirano invece a creare comunità libere dalla dipendenza dal petrolio e fortemente resilienti attraverso la ripianificazione energetica e la rilocalizzazione delle risorse di base della comunità (produzione del cibo, dei beni e dei servizi fondamentali).

Lo fa con proposte e progetti incredibilmente pratici, fattivi e basati sul buon senso. Prevedono processi governati dal basso e la costruzione di una rete sociale e solidale molto forte tra gli abitanti delle comunità. La dimensione locale non preclude però l’esistenza di altri livelli di relazione, scambio e mercato regionale, nazionale, internazionale e globale.

LE TRANSITION TOWNS

Nascono così le Transition Towns (oramai centinaia), città e comunità che sulla spinta dei propri cittadini decidono di prendere la via della transizione.

Qui si evidenzia il terzo elemento di forza del progetto di Rob Hopkins, quello che lui ha creato è un metodo che si può facilmente imparare, riprodurre e rielaborare. Questo lo rende piacevolmente contagioso, anche grazie alla forza della visione che contiene, un’energia che attiva le persone e le rende protagoniste consapevoli di qualcosa di semplice e al contempo epico.

Possediamo tutte le tecnologie e le competenze necessarie per costruire in pochi anni un mondo profondamente diverso da quello attuale, più bello e più giusto. La crisi profonda che stiamo attraversando è in realtà una grande opportunità che va colta e valorizzata. Il movimento di Transizione è lo strumento per farlo.

10 gen 2010

L’Aquila non diventerà la Pompei del terzo millennio

di Achille Giuliani, su Abruzzo cultura, 10 gennaio 2010

via Roma, terremoto a L'Aquila

Sono andato via dalla mia città perché da ragazzo mi andava stretta, perché mi soffocava quella borghesia piccola piccola che fa morire i sogni e le idee, perché volevo conoscere quello che c’era oltre la cima delle montagne, perché volevo essere libero di decidere ma fuori dagli schemi. Sono passati molti anni … troppi. Ho visto, ho conosciuto, ho vissuto … e ho deciso di tornare, per sempre. Non so quando ma lo farò. E lo farò perché devo farlo, perché mi sento in debito con la mia città e con la mia gente, perché ho nostalgia di loro. Perché ho nostalgia del casino sotto i portici, dei vicoletti che ti fanno da scorciatoia quando hai fretta, del profumo della pizza a tutte le ore del giorno, del caffè pomeridiano nei bar del centro, delle luci gialle che avvolgono il riposo di piazza Duomo, delle lunghe chiacchierate notturne che ti fanno battere i piedi a terra per il freddo. Ora tutto questo non esiste più, vive solo nel ricordo ma non è un ricordo sbiadito perché dentro di me vive come la più sfrenata delle passioni, carnale e irresistibile. Tornare a vivere in questa città significa essere pazzo? E chi se ne frega! Rispetto i pazzi perché dicono quello che pensano e ho sempre creduto che i pazzi potevano essere tutti gli altri, quelli che non la pensano come me, quelli che non amano le strade in salita e con le curve … ma io sono aquilano e le strade di montagna non mi spaventano, fanno parte della mia natura. Non mi sento un romantico idealista o un cane randagio bramoso di frugare nella spazzatura della città abbandonata. Mi sento un aquilano che vuole riprendersi la sua città, perché L’Aquila è stata fondata dagli Aquilani quando regnava l’immobilismo del papa e dei re, perché mi viene rabbia quando la mia gente – che oggi ha imparato anche ad aspettare troppo – grida “Ridateci le ali che torneremo a volare”, perché mi fa male quando leggo che L’Aquila diventerà la Pompei del terzo millennio e mi fa male perché non l’accetto come una verità, questa è una mezza verità o peggio è una verità distorta. Pompei è una città morta, pietrificata. Le sue case sono pietrificate, i suoi animali sono pietrificati, i suoi uomini, le sue donne, i suoi vecchi e i suoi bambini sono pietrificati, i suoi oggetti sono pietrificati invece all’Aquila di pietrificato c’è solo il cuore di chi non ha mai avuto una coscienza (né prima né dopo il 6 aprile) e ogni volta che tra le macerie della mia città incontrerò una mamma con il pancione che sorride alla vita, una coppietta di adolescenti che si giura l’amore eterno con un bacio appassionato o una donna forte che asciuga le lacrime del suo uomo nessuno potrà convincermi del contrario: L’Aquila non diventerà mai una Pompei, neanche in questo millennio, almeno per i pazzi come me.

24 ore senza di noi

Questo gruppo si propone di organizzare una grande manifestazione non violenta per far capire all'opinione pubblica italiana quanto sia determinante l'apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società. Questo gruppo nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli. Siamo collegati e ci ispiriamo a La journée sans immigrés : 24h sans nous, il movimento che da qualche mese, in Francia, sta camminando verso lo sciopero degli immigrati per il 1 marzo 2010.
Il nostro logo è opera dell'artista siciliano Giuseppe Cassibba (www.giuseppecassibba.com)

http://primomarzo2010.blogspot.com