29 ott 2009

aquaviva

Acqua Viva è un sistema di recupero acque piovane che si basa sulle teorie e ricerche di Viktor Schauberger, Theodore Schwenk e John Wilkes, nel metodo di gestione dell’acqua come risorsa preziosa, metodo unico in grado di rispettare le proprietà vitali dell’elemento.
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Nella natura l’acqua si muove in vortici, mulinelli e creando meandri. Questo movimento innato aiuta il prezioso elemento ad acquisire tutte le sostanze necessarie per sostenere la vita oltre ad accelerare il suo flusso, abbassando cosi la sua temperatura ed eliminando di conseguenza microbi dannosi.
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La nostra prassi quotidiana nella gestione delle acque ignora completamente tutti questi fatti, deteriorando notevolmente la qualità dell’acqua e per conseguenza la salute di tutti gli esseri viventi che dipendono da essa. Acqua Viva è soltanto uno sguardo furtivo a ciò che si potrebbe realizzare per migliorare la qualità della nostra acqua e restituirla al suo ciclo naturale intatta, viva. Gli stessi principi utilizzati in Acqua Viva possono essere applicati ad un’intera gamma di prodotti per la gestione delle acque; sistemi innovativi, creativi e di supporto a questo elemento così fondamentale per la vita.

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Acqua Viva è un sistema che viene applicato ai sistemi di recupero acque piovane già esistenti sui tetti dei palazzi. Le tubature vengono rimpiazzate dal sistema Acqua Viva che consiste in una serie di sculture Flowform sospese da cavi fissati al muro.

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Le sculture agevolano il comportamento innato dell’acqua, ossia quello di creare vortici, mulinelli e meandri. A livello di ogni piano viene installato un deposito a forma di uovo per l’utilizzo immediato dell’acqua piovana, questa infatti raccolta è adatta all’irrigazione delle piante domestiche, così da ridurre la quantità di acqua potabile usata a questo scopo. Quando il deposito ad un piano viene riempito dall’acqua, l’eccedente scorre sulle sue pareti verso la prossima scultura Flowform e cosi via fino al primo piano. I materiali da utilizzare sono da individuare in base al luogo di implementazione e le risorse disponibili.

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Sviluppate da John Wilkes, le sculture Flowform migliorano le qualità dell’acqua sostenendone i processi biologici interni e quelli degli organismi che sostenta. Queste sculture sono state utilizzate in processi di depurazione delle acque essendo state in grado di aumentare le loro qualità chimico-fisiche e proprietà organolettiche. Nel caso delle sculture Flowform, l’acqua non palpita all’interno di un oggetto ma è guidata su di una superficie che ne agevola il movimento in vortici. Questa superficie è identificata da una geometria basata sulla spirale d’oro o lemniscata.

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La forma ad uovo agevola la circolazione dell’acqua impedendo che quella immagazzinata si riscaldi restando immobile e diventando stantia, morta e facilitando lo sviluppo di batteri. Già le culture antiche utilizzavano questa forma ad uovo (amphorae) perché erano a conoscenza di queste sue proprietà utilizzandola per immagazzinare liquidi e bevande.

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Nel sistema Acqua Viva la forma ad uovo è progettata seguendo le proporzioni d’oro; il deposito ha un’apertura superiore dove l’acqua penetra dalla scultura Flowform posta al di sopra di esso. Un anello di legno mantiene il contenitore al proprio posto mentre una leva ed un beccuccio si inseriscono al di sotto per avere accesso all’acqua immagazzinata. Questo contenitore idealmente dovrebbe essere realizzato in terracotta viste le sue proprietà traspiranti.

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Il Compostaggio negli Spazi Verdi Pubblici. Progetto presentato da Araceli de la Parra

Durante la seconda edizione della mostra NOSEASON 2008 Tradizione Innovazione, Araceli de la Parra di GenitronSviluppo.com ha presentato un sistema di recupero delle acque piovane da lei progettato basato sul lavoro di John Wilkes (che utilizza la tecnologia Flowform) e di cui abbiamo già trattato in una precedente articolo e intervista

Presso lo spazio Cobianchi si trovava in esposizione materiale grafico che illustrava completamente il progetto oltre ad un video (immagine completa creata da Hopr) ed una fontana realizzata da Silvano Angelini per l’assaggio dell’acqua “rivitalizzata”. L’acqua utilizzata durante l’assaggio era semplicemente uscita dal rubinetto e posta nelle bottiglie di vetro (su cui era posta l’etichetta vincitrice che promuoveva l’iniziativa svolta da Terre di Mezzo pro acqua da rubinetto e contro la pubblicità continua delle acque in bottiglia).

Per la conferenza stampa del 19 settembre è stato invitato il Dott. Costantino Giorgetti collaboratore di John Wilkes alla Healing Water Foundation, ed è stato un onore averlo accanto con una presentazione che ha lasciato il pubblico senza fiato e colmo d’entusiasmo.

http://flowform.net/

http://www.youtube.com/watch?v=oFWTkIZmvaI&feature=player_embedded

http://www.youtube.com/watch?v=rJDj586Jghg

28 ott 2009

il faro di Capo Caccia


Il faro di Capo Caccia si trova sulla punta dell’ omonimo promontorio a pochi chilometri da Alghero, a chiusura della splendida baia di Porto Conte. E’ stato costruito nel 1864 (così come il faro di Capo Sandalo sull’isola di S. Pietro) dall’ ufficio del regio genio civile: in quegli anni le rotte commerciali tra Marsiglia e la Tunisia andavano intensificandosi e il governo francese insistette pesantemente affinchè venissero creati nuovi segnalamenti marittimi sulla costa occidentale della Sardegna, all’epoca priva di punti di riferimento per i marinai.
I primi guardiani di questo faro erano i pastori che con i muli impiegavano mezza giornata ad arrivare ad Alghero per i rifornimenti.
Nella Cala Dragunara ancora oggi c’è, ma nascosto dalla vegetazione, il magazzino dei materiali ed è visibile il vecchio molo. Alla destra di questa piccola insenatura è ancora percorribile la vecchia mulattiera che portava al faro, una stretta strada bianca a picco sul mare che si inerpica fra macchia mediterranea, concrezioni rocciose e le splendide acque della cala del Bulo sormontata dalla antica torre catalana.

Il faro sorge su un edificio bianco grossolanamente a forma di elle che si articola su tre piani, sui quali svetta la bellissima lanterna che custodisce al suo interno l’antico gruppo ottico rotante. La struttura è rivestita da mattonelle bianche poste in verticale che creano un effetto reticolato tipico di molti fari.
Sull’ elenco dei fari Italiani è il n. 1418 ed è sede di reggenza. Si tratta del secondo faro più alto sul livello del mare nel mediterraneo (si trova su una scogliera alta 168 metri), e il suo fascio di luce ha una portata di 35 miglia effettive, 24 considerando la curva dell’ orizzonte (60 Km). Il faro è riconoscibile dai naviganti grazie al suo secondo di luce e cinque di eclissi.

Non ha mai cessato di funzionare dal 1864, anzi costantemente riammodernato è oggi uno degli ultimi fari custoditi così isolati. Oltre all’ interdizione di 200 m ai civili dal faro vero e proprio, il primo centro abitato tutto l’anno, la borgata di Fertilia si trova a una decina di km a est. Attualmente il faro è custodito dal sig. Luigi Critelli che vive lì con la sua famiglia.


Lat.: 40° 33.6′N Long.: 08° 09.8′E Costruzione: 1864
Periodo: 5s Portata luminosa: 35M Portata geografica: 24M
Altezza: 52m sul l.m.

ARLHS: SAR009
WAIL: SA013 WAIS: EM09 Int.: E1124 IIA: SD001 IOTA: EU024

http://www.farodihan.it/Default.asp

Caserme dismesse



Come convertire una rete di guerra in una rete di pace
Una grande occasione per il Friuli, e per molte altri luoghi; sapremo coglierla?
I temi discussi in un convegno a Pordenone
di Gianni Belloni per eddyburg, 28 ottobre 2009

Sono caserme, poligoni, magazzini, vasti piazzali, piccole postazioni di montagna, condomini: è di 100 chilometri quadrati l'area complessiva utilizzata in Friuli Venezia Giulia come suolo militare. Oltre 400 beni < ..... > ma non esiste una mappatura precisa - che dopo la caduta del muro di Berlino, l’apertura delle frontiere con la Slovenia nel 2004 e la fine della leva obbligatoria, sono stati abbandonati dall’esercito italiano. Una parte consistente delle aree militari, sono state cedute ai comuni. In alcuni casi assistiamo a strutture e superfici enormi in territori in carico a piccoli comuni, come a Visco, provincia di Udine, conta poche centinaia di abitanti e ospita una ex caserma che copre una superficie di ben 115mila metri quadrati.
In altri casi le strutture non sono mai state cedute dal demanio e rimangono completamente abbandonate come nel caso di Chiusaforte, in provincia di Udine, dove da più di dieci anni, trenta palazzine, un tempo alloggi per ufficiali, cadono a pezzi nel centro del paese. Questa realtà è stata fotografata, per la prima volta, dalla fotoinchiesta “Friuli Venezia Giulia – un paese di primule e caserme” da Paolo Fedrigo e Fabrizio Giraldi.
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Una situazione, quella delle aree militari dismesse, che resta ancora in sospeso. Non sono chiare le intenzioni del governo né quelle della regione, e così gli interventi di riqualificazione, pochi e limitati a iniziative sporadiche, sono destinati ad essere rimandati per chissà quanti anni, segnando la rovina per centinaia di ex strutture militari ancora utilizzabili. A Pordenone, giovedì 22 ottobre, sono stati invitati a parlarne nel quadro della rassegna “Storie di futuro», l'architetto paesaggista Juan Manul Palerm e Massimo De Marchi, geografo. Durante la serata come il tema della riconversione delle aree militari abbandonate attraversa una densa costellazione di problemi. Come affrontare la riconversione di aree così diverse e d'altronde, individuare un'idea complessiva e non procedere a spizzichi e bocconi? Quale governo del processo che possa garantire gli interessi collettivi a fronte di probabili interessi privati? Che ruolo le popolazioni insediate? Come approfittare della tutela che queste aree hanno comunque goduto dal punto di vista urbanistico? Gli insediamenti militari hanno rappresentato, a loro modo, dei nodi di un reticolo che aveva il suo senso nella logica della guerra fredda quando si temeva una possibile invasione proveniente dall'est Europa. Come pensare ad un nuova rete con intenti e logiche differenti e che, allo stesso tempo, combaci con le strutture esistenti?
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www.primulecaserme.it

Caserma Riconvertita - Ex caserma Bevilacqua - Spilimbergo UD

È l’unica ad essere stata completamente riconvertita. Ormai quasi non ci si accorge della differenza con il resto del tessuto urbano. I cancelli non esistono più, gente che passeggia, chi passa in bicicletta, chi entra per andare al lavoro Oggi l’area è stata trasformata in un centro per imprese locali (incubatore) inserite nel progetto Sviluppo Italia.
Ci sono anche un laboratorio per mosaico e gli spazi espositivi del CRAF (Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia).
Nella parte inferiore trova spazio un parcheggio sotterraneo di due piani gestito da un’azienda consorziata.
La caserma, in funzione fino agli anni ‘50, è forse una delle poche ad esser stata riconvertita grazie al fondo comunitario Konver che oggi non esiste più.

18 settembre 2008 – Paolo Fedrigo e Fabrizio Giraldi


Caserma Riconvertita - Ex caserma Polonio Gradisca d'Isonzo UD

La zona è off limits.
Davanti a noi il Centro di Permanenza Temporanea (CPT ) per immigrati.

Dietro al muro bianco che fiancheggia la strada, 375 persone.
Fuori biciclette e macchine di chi lavora al CPT.
Solo loro sanno come vanno le cose lì dentro.
Noi osserviamo dall’esterno, strano, anche questa è riconversione, che però ci piace di meno.

27 settembre 2008 – Paolo Fedrigo e Fabrizio Giraldi


mio salvatore!!!

25 ott 2009

letture


torbida storia parigina: lui, lei, l'altra, la cameriera dell'altra...
...quel Simenon ci sguazzava.... altro che Maigret!



torbida storia di simmetrie, ordini e disordini, terze e quarte dimensioni, matematici compresi, incompresi, incomprensibili...


torbida storia di Alvaro e Raquel, nella Spagna post-franchista... per ora siamo al cimitero; dove andremo a finire?


torbida storia di rametti, bacche, fiorellini e tuttiitipiditipi di piante... tipico libro da contadino

primarie


naturalmente, il mio candidato ha perso...
...ma, avevo un candidato?

ora illegale