di Barbara Spinelli Nell’attesa del “dopo”, le responsabilità di tutti quelli che
l’hanno lasciato fare o che, come il cardinal Bagnasco, restano
nell’ambiguità. La Repubblica, 24 febbraio 2011
C´è qualcosa, nel successo strappato a Sanremo dalla canzone di
Vecchioni, che intrecciandosi con altri episodi recenti ci consente di
vedere con una certa chiarezza lo stato d´animo di tanti italiani:
qualcosa che rivela una stanchezza diffusa nei confronti del regime che
Berlusconi ha instaurato 17 anni fa, quando pretese di rappresentare la
parte ottimista, fiduciosa del Paese.
Una stanchezza che somiglia a un disgusto, una saturazione. Se
immaginiamo i documentari futuri che riprodurranno l´oggi che viviamo,
vedremo tutti questi episodi come inanellati in una collana: le
manifestazioni che hanno difeso la dignità delle donne; la potenza che
emana dalle recite di Benigni; il televoto che s´è riversato su una
canzone non anodina, come non anodine erano le canzoni di Biermann nella
Germania Est o di Lounes Matoub ucciso nel ´98 in Algeria. Può darsi
che nei Palazzi politici tutto sia fermo, che il tema dell´etica
pubblica non smuova né loro né la Chiesa. Ma fra i cittadini lo
scuotimento sfocia in quest´ansia, esasperata, di mutamento.
A quest´Italia piace Benigni quando narra Fratelli d´Italia. Piace
Vecchioni quando canta la «memoria gettata al vento da questi signori
del dolore», e «tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un
libro vero, così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il
pensiero». Quando conclude: «Questa maledetta notte dovrà pur finire».
Poiché si estende, il senso di abitare una notte: d´inganni, cattiveria,
sfruttamento sessuale di minorenni. C´è voglia che inizi un risveglio.
Che la politica e anche la Chiesa, cruciale nella nostra storia, vedano
la realtà dei fatti dietro quella pubblicitaria.
Massimo Bucchi aveva anticipato, in una vignetta del 19 gennaio 2010,
questa rivolta contro il falso futuro promesso dai signori del dolore:
«Ha da passà ‘o futuro!». Erano i giorni in cui il governo non
s´occupava che di legittimo impedimento, di lodo Alfano costituzionale,
di processo breve. Immobile, il tempo ci restituisce senza fine
l´identico. Quel 19 gennaio, il Senato si riunì per commemorare Craxi.
Colpito poco prima a Milano dalla famosa statuetta, Berlusconi
annunciava «l´anno dell´amore».
Forse ricorderemo gli anni presenti per questa collana di eventi, che
pian piano travolse giochi parlamentari, patti con un potere imperioso e
tassativo con gli altri, mai con se stesso. Ricorderemo questa domanda
di politica vera. Ricorderemo, infine, i tanti che non hanno visto
montare la marea della nausea, che hanno consentito al peggio per noia, o
rassegnazione, o calcolo di lobby. Cerchiamo di non dimenticarlo: ben
315 parlamentari hanno votato un testo, il 4 febbraio, in cui si
sostiene che Berlusconi liberò Ruby perché, ritenendola nipote di
Mubarak, voleva «evitare un incidente diplomatico».
Ma soprattutto, colpirà nei documentari futuri l´inerte ignavia dei
vertici della Chiesa, l´orecchio aperto solo ai potenti, il rifiuto –
così poco cristiano – di dire male del male solo perché da questo male
sgorgano favori; perché i governanti concedono alla Chiesa il monopolio
sui cosiddetti valori non negoziali (il dominio sulla vita e la morte,
essenzialmente) purché siano lasciati in pace quando violano la
Costituzione, fanno leggi per sottrarsi alla giustizia, mostrano di non
sapere neppur lontanamente cosa sia la decenza pubblica. La canzone di
Vecchioni, la recita di Benigni, sono punti di luce in una chiusa camera
oscura; sono una forza che sta di fronte alla formidabile forza del
regime. Una forza cocciuta, insistente, cui l´opposizione è estranea e
ancor più la Chiesa.
L´insurrezione interiore avviene anche dentro il mondo cattolico: si
parla di un 30 per cento di refrattari, tra frequentatori della messa e
presbiteri. Basta scorrere le innumerevoli lettere che parroci e preti
scrivono contro i dirigenti in Vaticano, per rendersene conto. Sono
lettere d´ira, contro la loro acquiescenza. Micromega dà ai
dissidenti il nome di altra Chiesa e sul proprio sito li rende visibili.
Le pagine dei lettori sulla rivista di attualità pastorale Settimana sono fitte di denunce del berlusconismo.
Quest´altra chiesa non ne può più dei compromessi ecclesiastici con una
destra che nulla ha ereditato dalla destra storica che fece l´unità
d´Italia. Ha riscoperto anch´essa il Risorgimento, la Costituzione del
´48. Condivide il dover-essere dei cattolici che Alberto Melloni
riassume così: «Una dedizione alla grande disciplina spirituale, un
primato vissuto del silenzio orante, un abito di umiltà, un´adesione
alla democrazia costituzionale come ascesi politica» (Corriere della Sera 19-12-10, il corsivo è mio).
Tra i criticati il cardinale Bagnasco, che critica il Premier ma per non
sbilanciarsi vitupera non meno impetuosamente i magistrati. O che
denuncia un disastro antropologico contro il quale però non pronuncia
anatemi, preferendo alla chiarezza il torbido di alleanze tra Pdl e
Casini che mettano fuori gioco Fini e le sinistre, troppo laici. Contro
questo insorgono tanti preti: «Vedete quanto è pericoloso tacere?»,
chiedono citando Agostino. L´empio pecca, ma è la sentinella che ha
mancato: «Chi ha trascurato di ammonirlo sarà giustamente condannato».
Nei paesi nordafricani vigeva simile spartizione di compiti: ai despoti
il dominio politico, alle moschee la libertà di modellare l´intimo delle
coscienze. L´accordo di scambio sta saltando ovunque, tanto che si
parla di fallimento colossale di quella che gli Occidentali chiamavano
stabilità. È in nome della stabilità che Berlusconi ha chiamato Mubarak
un saggio, e ha detto non voler «disturbare» Gheddafi poco prima che
questi bombardasse i libici facendo centinaia di morti. È la stabilità
il valore che anima tanti responsabili in Vaticano, perché essa
garantisce prebende varie, sconti fiscali per le case-albergo dei
religiosi, finanziamenti per scuole.
In cambio si elargiscono indulgenze. Berlusconi dice parole blasfeme, e
mons. Fisichella invita a «contestualizzare» la bestemmia. Il Premier è
accusato di concussione e prostituzione minorile, e la Chiesa giudica
«abnorme» la sua condotta come quella dei magistrati. Afferma Nogaro,
vescovo emerito di Caserta: «Noi rimaniamo nello sgomento più doloroso
vedendo i gesti farisaici delle autorità civili e religiose, che
riescono ad approdare a tutti i giochi del male,dichiarando di usare una
pratica delle virtù più moderna e liberatoria.» (Micromega 1/11).
Altri presbiteri ammoniscono contro leggi liberticide sul testamento
biologico. Don Mario Piantelli, parroco di San Michele Arcangelo, si
associa «alle richieste che da molte parti d´Italia sono indirizzate ai
vertici ecclesiastici di alzare forte la voce e di compiere azioni
profetiche nei confronti del governo Berlusconi. È necessario un
supplemento di libertà evangelica per sganciarsi decisamente da un
sistema di governo che, attraverso benefici e privilegi, sembra
avvantaggiare il "mondo ecclesiastico", e in realtà aliena e impoverisce
i credenti».
La Chiesa ebbe comportamenti non diversi nel fascismo. Sta macchiandosi
di colpe simili, e nessuno sguardo profetico l´aiuta a vedere gli umori
d´un paese che cambia, che magari non vota opposizione ma è stufo di
quel che succede. Che comincia a guardare se stesso, oltre che
l´avversario. Il cartello più nuovo, nella manifestazione delle donne,
diceva: «Bastava non votarlo». Bastava la virtù dei primordi cristiani:
la parresia, il parlar chiaro.
Nel filmato futuro che dirà il nostro oggi saranno convocati gli storici. Potranno imitare Benedetto Croce, quando nei Diari,
il 2-12-´43, si mise nei panni di Mussolini e scrisse: «Chiamato a
rispondere del danno e dell´onta in cui ha gettato l´Italia, con le sue
parole e la sua azione e con tutte le sue arti di sopraffazione e di
corruzione, potrebbe rispondere agli italiani come quello sciagurato
capopopolo di Firenze(...) rispose ai suoi compagni di esilio che gli
rinfacciavano di averli condotti al disastro di Montaperti: "E voi,
perché mi avete creduto?"».
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