Nell’agosto del 410 d.C. i Goti di Alarico
presero e saccheggiarono Roma. Fu un evento di immensa risonanza e lo stato
d’animo dei contemporanei si può scorgere riflesso in una frase di San Girolamo:
«che cosa mai si potrà salvare, se perisce Roma?»
Dopo quell’impresa, i Goti misero a ferro e
fuoco l’Italia intera, poi passarono in Provenza e, infine, nella Penisola
Iberica, nel 415.
Claudio Rutilio Namaziano era un aristocratico,
originario della Gallia Narbonese che aveva percorso una brillante carriera
nella città di Roma, culminata nel 412 con la carica di prefetto della città,
una sorta di moderno sindaco.
Fra il 415 e il 417 decise di lasciare la città
che più aveva amato per fare ritorno ai suoi possedimenti familiari in Provenza
al fine di porre riparo alle devastazioni provocate dal passaggio
dei Goti.
… È tempo di costruire, dopo i
feroci incendi,
sui fondi laceri anche soltanto
casette
da pastori.
Che se le stesse fonti, anzi, dare
voce,
se i nostri arbusti potessero
parlare,
con giusti pianti mi stringerebbero
mentre tardo mettendo
al mio desiderio le vele…
Organizzò
quindi una sorta di trasloco e salpò con una flottiglia di piccole barche, in
grado di fare fronte a un carico piuttosto cospicuo, ma nel contempo in grado di
potersi rifugiare prontamente sulla costa in caso di maltempo.
Il viaggio infatti si svolgeva fra autunno e
inverno, durante il periodo del cosiddetto mare clausum, il che sconsigliava la
soluzione più comoda e più breve: trasportare il tutto su un’unica nave oneraria
e affrontare una traversata in alto mare.
… Si sceglie il mare, perché le
vie di terra,
fradice in piano per i fiumi, sui
monti sono
aspre di rocce: dopo che i campi di
Tuscia, dopo che la via Aurelia, sofferte a ferro e fuoco le orde dei Goti, non
domano più le selve con locande, né i fiumi con ponti, è meglio affidare le vele
al mare, sebbene incerto….
…Salpiamo all’alba, in una luce
ancora irrisolta, quando il colore, da poco tornato sui campi,li lascia
scorgere.
Tenendoci stretti alla costa
avanziamo con piccole barche cui spesso la terra a rifugio apra insenature.
D’estate escano in mare aperto le
vele dei grossi carichi, d’autunno è più cauto disporre di un’agile fuga …
Dunque viaggiò a piccole tappe, mantenendosi
lungo la costa, fermandosi a pernottare presso amici o in locande, costretto a
volte dal maltempo a soste prolungate.
Di questo viaggio, avviatosi dal Porto di Roma –
il Portus Augusti – poco a nord di Ostia, nell’area dell’odierna Fiumicino, che
forse doveva giungere fino a Narbona in Gallia, Rutilio tenne un diario poetico,
in distici elegiaci,
che appunta i minimi eventi dei singoli giorni.
Il poemetto, solitamente indicato con il titolo De reditu suo, è giunto lacunoso
e ci consegna l’itinerario di Rutilio fra Roma e Luni, vicino all’attuale La
Spezia.
In questa sorta di singolare giornale di bordo,
o meglio di diario di viaggio, pochi nitidi tratti
disegnano paesaggi, porti, marine, ma anche
profili di amici e digressioni erudite.
Ai nostri occhi di oggi gli
appunti poetici di Rutilio consegnano una realtà sconvolta: ponti e strade in
rovina, città ridotte a cumuli di ruderi a causa dell’azione combinata del
tempo, del disamore e delle invasioni, ed anche attacchi al giudaismo e al
monachesimo cristiano, insieme alla
parallela valorizzazione dei culti pagani di Osiride e della stessa dea Roma.
Ma come si conclude il viaggio e cosa accade
dopo?
Possiamo solo affidarci a ipotesi. È lecito
pensare che Rutilio sia arrivato a destinazione e che laggiù si sia dedicato in
seguito alla redazione definitiva del poemetto, confortato
dagli appunti già presi a suo tempo e dal vigile
sentimento della nostalgia.
Una volta che ne ebbe ottenuto il desiderato
nitore e se ne vide soddisfatto, pensò alla sua diffusione e ne promosse la
riproduzione in più esemplari, destinati, in primo luogo agli amici della sua
cerchia, ed è verosimile pensare che un giorno abbia organizzato nella sua villa
una grande festa, adeguata cornice a una prima recitazione.
E possiamo anche immaginare questa sorta di
vernissage tardolatino, ma l’incertezza delle informazioni sfuoca le immagini e
ci invita alla dissolvenza …
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