Di Carlo Petrini, 23.10.2011
«Per garantire il futuro non sarà tanto questione di quali tecnologie ci inventeremo, ma in quale paradigma le vorremo calare». La Repubblica, 22 ottobre 2011 |
Premettendo che ogni previsione su come sarà il mondo tra duecento anni
è un esercizio che si lascia volentieri ai premi Nobel, la visione nel
nuovo libro di Robert B. Laughlin offre spunti interessanti. Il tema è
l´energia, ma soprattutto l´agricoltura. La tanto bistrattata
agricoltura, ritenuta da moltissimi un settore marginale, data così
tanto per scontata da essere trascurata, lasciata per troppo tempo e con
troppo potere in mano a un sistema agroindustriale globale che ha
finito con il metterla in ginocchio, prima nei paesi poveri e ora anche
in quelli ricchi. E sempre con effetti nefasti per ambiente, contadini e
consumatori.
Laughlin sostiene che tra due secoli l´agricoltura sarà fondamentale per
continuare a garantirci la vita. Dice che il settore agricolo sarà il
principale produttore di energia nell´era post-fossile. L´idea di
coltivare oceani e deserti per non far entrare in competizione cibo ed
energia è molto affascinante e neanche tanto fantascientifica. Però
bisogna ricordare che il cibo stesso è energia, perché ci nutre e ci fa
muovere e perché cresce grazie alla fotosintesi clorofilliana, dunque
all´energia del sole. L´agricoltura è sempre stata, lo è oggi e sempre
sarà ciò che ci garantisce la vita.
Una volta presa coscienza di questo assunto banale ma un po´ troppo
spesso dimenticato, va però fatto un discorso su come dovrebbe essere
l´agricoltura del futuro. Che si debba cambiare profondamente, che la si
debba rinnovare è un atto dovuto anche per il palese fallimento del
modello intensivo-industriale che ha dominato l´ultima metà di secolo.
Che l´interazione tra produzione di cibo e produzione di energia sia già
nelle cose è dimostrato poi da come facilmente molte aziende agricole
facciano già le due cose insieme. Il problema è che quando prevalgono la
concentrazione, l´inseguimento di presunte economie di scala, l´idea
per cui l´agricoltura è come uno qualsiasi dei settori industriali - e
risponde alle stesse leggi economico-produttive - cibo ed energia
saranno sempre in competizione tra di loro. Non bisogna fare "cibo o
energia", ma "cibo e energia". Potremo coltivare gli oceani, i deserti e
anche gli altri pianeti, ma senza cambiare il nostro modo di pensare
continueremo sempre a risolvere un problema creandone un altro.
Sono sicuro che ci saranno innovazioni importanti in campo energetico, e
tecnologie sempre più pulite per sfruttare direttamente o
indirettamente l´energia solare (l´unica vera, enorme, sicura, perenne
centrale che ci fa piovere addosso, in ogni momento, enormi quantità di
energia) con tutte le forme che ne derivano. Ma ci vorrà la
consapevolezza che tutto questo andrà realizzato in un sistema complesso
che non dovrà più essere governato in maniera centralizzata. Ci vorrà
un sistema capillare, diffuso, in cui le comunità e le persone diventano
produttrici di cibo ed energia prima di tutto per se stesse e poi per
gli altri, in rete tra di loro. È necessaria una democratizzazione della
produzione energetico-agricola, con tecnologie accessibili che si diano
come obiettivo primario la sostenibilità dei processi e non la
possibilità di realizzare speculazioni. Già ora vediamo come biogas e
fotovoltaico, che potrebbero essere dei modi perfetti per integrare la
produzione agricola a livello aziendale, in nome del profitto e dei
grandi numeri possano diventare altamente insostenibili, ponendosi come
alternative, e non complementari, a un´agricoltura che così com´è
risulterà sempre perdente, siccome non riesce più a generare entrate
dignitose per i contadini. Per garantire il futuro non sarà tanto
questione di quali tecnologie ci inventeremo, ma piuttosto in quale
paradigma le vorremo calare.
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