di Giacomo Mameli, su "l'Unità", 16 maggio |
Volevano una Sardegna sfregiata. Non più torri nuragiche tra il Golfo degli Angeli e l’Asinara ma giganteschi mostri d’acciaio, pale eoliche più alte della cupola di San Pietro, 200 tonnellate di peso ciascuno. Dovevano sorgere sotto il Limbara cantato da Fabrizio De Andrè e il monte Ortobene dei pastori di Grazia Deledda. Erano i primi anni Duemila, col centrodestra al governo della Sardegna guidata, a fine legislatura, da un assessore tecnico alla Programmazione, Ugo Cappellacci, commercialista figlio del papà-commercialista che curava gli affari di Silvio Berlusconi tra Costa Smeralda e Porto Rotondo.
Era stata scritta una sentenza di condanna ad metalla dal Sulcis alla Nurra, perfino davanti a basiliche dell’arte romanica. Numeri da incubo: 2.814 aerogeneratori, uno ogni otto chilometri quadrati (in Germania, fra le nazioni leader per le energie pulite, il rapporto era di una pala per 23 chilometri quadrati). Sarebbe stato uno scempio. Emanuele Sanna, oggi sindaco Pd di Samugheo nell’Oristanese, ex presidente del Consiglio regionale negli anni ’80 quando la Regione dei Quattro Mori era guidata dal sardista Mario Melis, presidente del comitato sardo per il paesaggio, nel 2002 denunciava in convegni e articoli manovre losche: “L’eolico che ci stanno proponendo rischia di essere più inquinante del petrolio e del carbone”. A vantaggio dei laureati sardi senza lavoro? No. “I benefici – scriveva Sanna - sono facilmente individuabili fra le imprese italiane e straniere che su scala europea dànno la caccia ai siti meno costosi per intercettare non tanto il vento quanto incentivi finanziari e fiscali”.
I signori con la valigia
Una profezia? No. Buon fiuto politico. In quegli anni i Comuni dell’Isola erano meta quotidiana di “signori con la valigia” per promettere ai sindaci posti di lavoro a gogo e vagonate di soldi in nome del vento, dell’energia pulita destinata a trasformarsi in affare sporco e untuoso. La Sardegna – con quelle strategie sciagurate - sarebbe diventata “il territorio più eolizzato del Pianeta”. Vigeva la regola del progetta e raddoppia. Perché se l’Italia intera doveva produrre entro il 2012 circa 2.000 Megawatt di energia dal vento, solo in Sardegna erano previsti impianti per 4.000. Alla Regione guidata dal centrodestra ridens (tra i presidenti Mario Floris ex Dc, Mauro Pili pupillo del re di Arcore e Villa Certosa, Italo Masala ex An col superassessore Cappellacci filius) in soli due anni erano state presentate istanze “per 81 parchi eolici con un totale di 2814 aerogeneratori e una capacità produttiva di 3.765 Megawatt”.
I boss bussavano, gli assessori aprivano le porte. Per fortuna quella catastrofe paesaggistica viene evitata. Nella primavera 2004 la Regione passa al centrosinistra presieduto da Renato Soru. I primi atti sono di svolta radicale, in linea col programma elettorale. Si evita subito di gravare l’isola di servitù energetica oltre che di quelle, già pesantissime, militari. Il 23 luglio si fa tabula rasa del pasticciaccio. Tutte le autorizzazioni concesse a destra e manca, a imprese nazionali ed estere, a qualche amichetto da “cricca” locale più o meno legato ad ambienti massonici, vengono annullate. Perché? La nuova giunta rileva che, contrariamente a quanto disposto dalle leggi, “non era stato valutato l’impatto ambientale” e “non è stata rispettava la legislazione vigente”. Protestano in tanti, la Confindustria sarda agisce per conto terzi. È un no all’eolico? Alle energie pulite? No. È un no alla speculazione, all’arrembaggio energetico.
Eolico sì, ma (legge del 29 maggio 2007) “solo nelle aree industriali o in siti già compromessi o degradati ad esse contermini”. Non è il caso di sconvolgere colline e vallate con una selva di campanili d’acciaio che, tra l’altro, “arricchiscono l’estero aggravando i conti economici nazionali” senza risolvere il caso-energia. Che per la Sardegna si trasforma in caro-energia, essendo l’unica regione italiana senza metano aggravando per questo i bilanci di tutte le aziende industriali, anche non energivore.
Il ritorno della destra
Il resto è cronaca recente. Il centrosinistra litigioso e rissoso perde la guida politica della Regione. Che nel 2009 è nuovamente a regia centrodestra eterodiretta da Arcore e palazzo Grazioli. Cappellacci toglie i paletti issati dalla giunta Soru. In viale Trento tornano “i signori con la valigia”. Fa capolino il faccendiere Flavio Carboni. Ha i disco verde di Loris Verdini e può intrattenersi quanto vuole con Ugo Cappellacci. Tutti lì, per agitare i fili mossi dal vento. Ma anche quei fili dànno la scossa.
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