A Urbania, l’antica Casteldurante del Ducato di Urbino, si è votato domenica sull’installazione di 24 pale eoliche, alte 120 metri, sui monti soprastanti: clamorosamente l’81 % degli elettori ha votato “no” dopo un dibattito vivo, ricco di informazioni. Le obiezioni che hanno fatto breccia: si tratta di paesaggi molto belli e integri dove turismo e agriturismo cominciano a rendere, di terreni franosi, di un ecosistema assai delicato, popolato da specie animali e vegetali pregiate e così via. Un voto contro l’eolico?
No, un voto per un eolico pianificato in modo attento, da installare dove vi siano le condizioni ambientali e paesaggistiche, fuori dalle zone tutelate. Un segnale preciso rivolto ai politici marchigiani, in generale a istituzioni che riluttano ormai a pianificare anche l’uso dei beni irriproducibili dando via libera al business speculativo.
L’eolico ha conosciuto una diffusione sregolata. I megawatt di potenza eolica installata sono 4.850 (1.114 soltanto nel 2009). Ottenuti però con un numero assai elevato di pale gigantesche (100-120 metri), soprattutto nel Sud dove cominciano a levarsi proteste, richieste di moratoria. Tale diffusione è avvenuta ovunque i Comuni più indebitati si rendessero disponibili alle proposte, lì per lì allettanti, di procacciatori di affari e di aziende. Salvo pentirsi perché il rumore e il movimento delle pale fa fuggire animali, insetti e... turisti. Spesso residenziali, magari stranieri (anche dai monti di Urbania hanno minacciato di andarsene). Diano le Regioni il buon esempio creando tavoli comuni con le associazioni, a cominciare dagli agricoltori.
Fra l’altro, in Italia, i venti non sono forti, né, soprattutto, costanti. La loro intensità – a parte alcune zone di Sicilia e Sardegna – è la metà circa di quella misurabile in Danimarca, in Scozia o in Irlanda. Tante pale e poca energia. Bisogna quindi studiarne, con le Soprintendenze, la compatibilità con paesaggi spesso arricchiti da colture di pregio. Nel caso di Scansano (Grosseto), patria del vino Morellino, il parco eolico, poi bocciato, a cose fatte, dal Tar su ricorso di un grande produttore vinicolo, era chiaramente fuori posto. Non lo sarebbe stato nel paesaggio industriale di Piombino o di Livorno. Non lo sarà nel porto di Savona dove la locale Autorità progetta di rendersi con l’eolico autonoma per una serie di consumi. Non lo sarebbe nelle zone industriali attive o dismesse. Problemi che si pongono, sia pure in minor misura, per il fotovoltaico (ben più adatto a noi) se gli impianti maggiori non verranno sottoposti a pianificazione. La potenza installata è di oltre 800 megawatt, raddoppiata in un anno, sia pure con incentivi. Bisogna continuare, e però pianificando con rigore. Non dobbiamo giocarci il Belpaese. Valore “in sé” , ma pure economico.
No, un voto per un eolico pianificato in modo attento, da installare dove vi siano le condizioni ambientali e paesaggistiche, fuori dalle zone tutelate. Un segnale preciso rivolto ai politici marchigiani, in generale a istituzioni che riluttano ormai a pianificare anche l’uso dei beni irriproducibili dando via libera al business speculativo.
L’eolico ha conosciuto una diffusione sregolata. I megawatt di potenza eolica installata sono 4.850 (1.114 soltanto nel 2009). Ottenuti però con un numero assai elevato di pale gigantesche (100-120 metri), soprattutto nel Sud dove cominciano a levarsi proteste, richieste di moratoria. Tale diffusione è avvenuta ovunque i Comuni più indebitati si rendessero disponibili alle proposte, lì per lì allettanti, di procacciatori di affari e di aziende. Salvo pentirsi perché il rumore e il movimento delle pale fa fuggire animali, insetti e... turisti. Spesso residenziali, magari stranieri (anche dai monti di Urbania hanno minacciato di andarsene). Diano le Regioni il buon esempio creando tavoli comuni con le associazioni, a cominciare dagli agricoltori.
Fra l’altro, in Italia, i venti non sono forti, né, soprattutto, costanti. La loro intensità – a parte alcune zone di Sicilia e Sardegna – è la metà circa di quella misurabile in Danimarca, in Scozia o in Irlanda. Tante pale e poca energia. Bisogna quindi studiarne, con le Soprintendenze, la compatibilità con paesaggi spesso arricchiti da colture di pregio. Nel caso di Scansano (Grosseto), patria del vino Morellino, il parco eolico, poi bocciato, a cose fatte, dal Tar su ricorso di un grande produttore vinicolo, era chiaramente fuori posto. Non lo sarebbe stato nel paesaggio industriale di Piombino o di Livorno. Non lo sarà nel porto di Savona dove la locale Autorità progetta di rendersi con l’eolico autonoma per una serie di consumi. Non lo sarebbe nelle zone industriali attive o dismesse. Problemi che si pongono, sia pure in minor misura, per il fotovoltaico (ben più adatto a noi) se gli impianti maggiori non verranno sottoposti a pianificazione. La potenza installata è di oltre 800 megawatt, raddoppiata in un anno, sia pure con incentivi. Bisogna continuare, e però pianificando con rigore. Non dobbiamo giocarci il Belpaese. Valore “in sé” , ma pure economico.
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